Testo tratto dall'opera "Antartide, il Cuore bianco della Terra" di Lucia Simion, Giunti editore, (riproduzione vietata senza autorizzazione dell'Autore). Aggiornamento: febbraio 2009.
Incontrare il krill antartico in libertà nell’oceano australe è un evento raro. In alto mare questo piccolo crostaceo (lunghezza: 5-6 cm) forma sciami smisurati che si stendono per decine di chilometri in superficie e che possono contenere fino a 30.000 individui per m3. Questi sciami sono uno spettacolo eccezionale, perché durante il giorno il krill soggiorna in profondità e risale verso la superficie solo durante le ore notturne. Allevare il krill in cattività al di fuori dell’Antartide – e riprodurlo - é una faccenda ancora più complicata, ma esistono due luoghi al mondo dove i ricercatori sono riusciti in questo intento per ragioni di studio. Uno di questi due centri si trova alla sede dell’Australian antarctic division (AAD, programma polare australiano), a Kingston in Tasmania, Australia. Oggi, grazie a una KRILL CAM (una webcam posizionata sopra l'acquario del krill, immagini aggiornate ogni 3 minuti) potete tranquillamente osservare anche voi in diretta questi minuti e preziosi crostacei, come se foste in Tasmania. O in Antartide. CLICCARE QUI PER VEDERE IL KRILL ANTARTICO NELL'ACQUARIO.
Per due volte ho avuto la fortuna di visitare di persona questo acquario per osservare il krill antartico. Entrambe le volte ho avuto una guida d’eccezione: il dottor So Kawaguchi, responsabile degli studi sul krill all’AAD. I ricercatori australiani sono all’avanguardia negli studi sul krill, in particolare Steve Nicol e So Kawaguchi.
Ma eccoci di fronte alla porta d’accesso della «krill facility». Entriamo. La prima stanza è il luogo in cui vengono allevate le alghe unicellulari di cui si nutre il krill (diatomee): in pratica si tratta di un « orticello », se cosi’ possiamo chiamarlo. Le alghe sono «coltivate» in grandi provette, alte un paio di metri.Dentro «bolle» una sorta di «brodo» colorato : in una provetta è giallo, in quella accanto è arancione, poi ancora verde….il colore dipende dai pigmenti contenuti nelle alghe. FOTO QUI SOPRA: So Kawaguchi e i recipienti per la coltura delle diatomee.
Il Dr. Kawaguchi mi fa segno di seguirlo nella stanza adiacente, immersa in una specie di penombra e con una temperatura glaciale. Qualche secondo di adattamento alla luce fioca ed ecco apparire due grandi cilindri alti press’appoco un metro e mezzo e larghi due, pieni d’acqua di mare. So Kawaguchi si appoggia sull’estremità e osserva. « Eccoli li » dice piano indicando la superficie dell’acqua, agitata da un moto circolare: mi affaccio sulla vasca in silenzio. «Niente gesti bruschi», mi avverte So. Nell’acqua scura e gelata, limpidissima, freme un branco di gamberetti translucidi, che si lascia portare a spasso dalla corrente. Fra una vasca e l’altra ce ne sono 5.000, spiega So.
Improvvisamente i gamberetti scendono sul fondo della vasca :
«Ci hanno visto» spiega So Kawaguchi, aggiungendo che si tratta di un comportamento assolutamente normale. Dopo un attimo ritornano in superficie : «Ci stanno osservando» dice. In effetti sembra che vogliano dare una sbirciatina per capire chi siamo. I loro occhi somigliano a due minuscole biglie, nere e lucenti come ossidiana. Puo' sembrare assurdo, ma ci si sente osservati per davvero. Restiamo in silenzio e li guardiamo mentre nuotano, agitando le loro gambette e filtrando l’acqua con l’apposito apparato buccale. No hanno più timore e restano presso la superficie, accanto a noi. Sembra un miracolo, un miracolo fragile e bellissimo. FOTO QUI SOPRA: So Kawaguchi accanto a una delle vasche contenenti il krill antartico.
NOTA: Ultime notizie dall'acquario del krill all'Australian Antarctic Division (ricevute via email il 4 febbraio scorso da parte del Dr. Kawaguchi): le vasche accolgono 5.000 adulti, più 200 giovani nati l'anno scorso (2008) e 100 larve appena nate. La riproduzione del krill antartico in cattività è un grande successo. Finora solo un altro acquario - situato in Antartide - è riuscito nell'impresa. Al di fuori dell'Antartide, solo la KRILL FACILITY dell'Australian Antarctic Division ha avuto successo. Attualmente la facility conta tre vasche da 2.000 litri ciascuna.
PER SAPERNE DI PIU': Il krill è un piccolo crostaceo che somiglia a un gamberetto delle lunghezza di 6 centimetri e del peso di circa un grammo. Il suo corpo è translucido, di colore biancastro, con due grandi occhi neri, rotondi come biglie. Sono occhi composti da innumerevoli ommatidi, come quelli degli insetti e degli aracnidi. Sono importanti per determinare l’età degli individui.
Il krill fa parte dello zooplancton e occupa una posizione fondamentale nella catena alimentare dell’oceano australe: pinguini, balene, foche cancrivore e foche leopardo, foche da pelliccia, calamari e pesci si nutrono di krill. Durante un soggiorno di 4 mesi nell’oceano australe, una femmina di balenottera di Minke consuma circa 56,2 tonnellate di krill. I ricercatori hanno identificato 85 diverse specie di questo piccolo gamberetto, di cui 5 vivono nelle acque che circondano l’Oceano australe : la specie più abbondante – e di dimensioni maggiori – è Euphausia superba. La sua biomassa nell’ocano australe ammonterebbe a 500 milioni di tonnellate. In alto mare, Euphausia superba forma sciami smisurati che si stendono per decine e decine di chilometri e che possono contenere fino a 30.000 individui per m3.
Il krill è un erbivoro: si nutre di minuscole alghe unicellulari - le diatomee - che fanno parte del fitoplancton (il plancton di origine vegetale). Il corpo delle diatomee è racchiuso in una delicatissima « scatolina » calcarea : ogni specie è caratterizzata da una forma ben precisa. Sono dei minuscoli gioielli del mare. Queste alghe unicellulari vivono sempre nei pressi della banchisa:durante la formazione del pack vi restano inglobate, e finiscono per formare quegli strati color giallo-ocra che si vedono durante l’estate australe, quando la banchisa si spezza e i blocchi di ghiaccio paiono come zattere di zucchero galleggiante. Il krill è dunque sempre associato alla banchisa e il suo apparato buccale è strutturato per poter « grattare » la superficie inferiore del ghiaccio, al fine di raccogliere le diatomee, e per filtrarle nell’acqua di mare una volta che il ghiacio si è sciolto, nel cuore dell’estate australe.
L’estate è anche il periodo riproduttivo del krill : le femmine depongono da 8.000 a 10.000 uova (due volte l’anno) : le uova fecondate scendono poi in profondità – sui 700 metri, dove avviene lo sviluppo delle larve, che in seguito ritornano in superficie. A mano a mano che cresce, il krill deve cambiare corazza : abbandona quella vecchia e ormai troppo stretta e ne forma una nuova (anche i granchi, le aragoste e altri crostacei fanno la muta). Quanto tempo vive ? Fra i 5 e i 7 anni. E come fa a sopravvivere durante l’inverno, quando il mare è gelato per migliaia di chilometri intorno all’Antartide? E’ capace di digiunare per lunghi periodi (in cattività per circa 200 giorni), ma anche di ridurre le proprie dimensioni. Ecco perché non è possibile stabilire l’età del krill in base alle dimensioni del suo corpo. La pesca industriale del krill è iniziata negli anni 70 (da parte di compagnie russe, giapponesi e norvegesi).
I timori legati alle conseguenze di una pesca industriale eccessiva sull’ecosistema dell’oceano australe hanno portato alla ratificazione di una convenzione internazionale – il CCAMLR – entrata in vigore nel 1982 e facente parte del Sistema del Trattato Antartico. L’approccio del CCAMLR è innovativo perché per la prima volta una convenzione tiene conto dell’effetto globale della pesca industriale su un intero ecosistema. Il krill è utilizzato essenzialmente per l’aquacultura, ma anche per l’alimentazione umana, sebbene debba essere trattato molto rapidamente prima che si degradi e sebbene contenga parecchio fluoro; la raccolta annuale è di 100.000 tonnellate (il massimo si è verificato nel 1881 con un bottino di 150.000 tonnellate). La sede del CCAMLR si trova a Hobart in Tasmania (Australia).
FOTO DEL KRILL: (c) STEPHEN BROOKES-Australian Antarctic Division
ALTRE FOTO: LUCIA SIMION (c)
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