mercoledì 11 febbraio 2009

K2KGL QUI ANTARTIDE, A VOI - PASSO!

Radioamatori in Antartide? Ebbene SI’. Nonostante email e telefoni satellitari la cara, vecchia radio viene tuttora utilizzata da radioamatori antartici per chiacchierare con il resto del mondo e persino per parlare con gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, 400 chilometri al sopra di noi.
Ce lo racconta Elaine Hood in due articoli apparsi recentemente sull’Antarctic Sun, un periodico online che tratta temi relativi alla ricerca statunitense in Antartide, finanziato dalla National Science Foundation (NSF).
Interviste e testi sono realizzati da un piccolo team di specialisti impiegati dalla Raytheon Polar Services, l’istituzione che pianifica e organizza dal punto di vista logistico le spedizioni americane in Antartide per conto nella NSF (sulle stazioni scientifiche, le navi oceanografiche e nei campi remoti). Il quartier generale della RPS si trova a Centennial, presso Denver. Direttore dell’Antarctic Sun è Peter Rejcek, mentre Elaine Hood gestisce la fototeca US Antarctic Photo Library e collabora al periodico. Responsabile del servizio Stampa e Comunicazione è Valerie Carroll.

Quella dei radioamatori (“hams” in Inglese) e l’Antartide è una tradizione che risale agli anni 50, quando due giovanissimi “hams” di una piccola città del New Jersey - Jules e John Madey, rispettivamente 16 e 13 anni - svolsero un ruolo fondamentale nello stabilire contatti fra l’Antartide e gli Stati Uniti. A quel tempo la radio era l’unica possibilità per i membri delle spedizioni antartiche (soprattutto militari della Navy) di stabilire un contatto con il mondo “di sopra”, spezzando un isolamento che poteva durare anche due anni. Tutte le basi avevano i loro operatori radio, ma il contributo di radioamatori come Jules e John Madey fu straordinario. L’opportunità di chiacchierare con mogli, figli, fidanzate o parenti grazie ai ragazzi Madey fu un formidabile sostegno psicologico per i militari americani in Antartide, soprattutto nel corso dell’Anno Geofisico Internazionale (1957-58). FOTO IN ALTO E A DESTRA: militari della Navy alla radio, nel 1956 - a Williams Air Operating Facility. (c) US Navy/NSF/US Antarctic Photo Library.

La vicenda di Jules e John Madey è esemplare e anche molto commovente. Durante il giorno - racconta sempre Elaine Hood- i due ragazzi andavano a scuola; rientrati a casa facevano subito i compiti, quindi si mettevano alla radio fino a notte fonda per stabilire i contatti con l’Antartide e le famiglie dei militari rimaste negli Stati Uniti. Il giorno dopo, di mattino presto, erano di nuovo in classe.


Il primo collegamento fu stabilito il 24 dicembre 1956. La sigla per chiamare era K2KGL: tutta l’Antartide la conosceva e a cinquant’anni di distanza qualcuno se la ricorda ancora a memoria. Per migliorare la ricezione e la trasmissione, i genitori dei ragazzi li aiutarono ad installare una torre di trenta mentri nel cortile dietro casa. La radio di Jules era anche collegata a un telefono. Il contributo dei ragazzi Madey fu tale che parecchi militari - rientrati negli USA - andarono a trovarli nel New Jersey. Earl Johnson, che trascorse l’inverno australe al Polo sud geografico invito’ Jules al suo matrimonio, per ringraziarlo di averlo mantenuto in contatto con la findanzata. La stessa Navy fu riconoscente ai ragazzi Madey: Jules fu invitato a recarsi in Antartide nel 1959. Una località in Antartide è stata battezzata Madey Ridge. FOTO IN ALTO A SINISTRA: il Polo sud geografico nel 1956. (c) US Antarctic Photo Library-NSF

All'Università i fratelli hanno entrambi studiato al CalTech: Jules è diventato un ingegnere biomedico. Mentre John ha sviluppato il primo laser a elettroni liberi (FEL). Oggi è il direttore di un dipartimento all’università di Hawaii.


Il primo contatto radio dall’Antartide fu stabilito dalla spedizione dell’esploratore australiano Douglas Mawson, nel 1912: dal rifugio di Cape Denison a Commonwealth Bay, i membri della spedizione chiamarono Melbourne in Australia facendo un ponte-radio con una base situata sull’isola di Macquarie. Richard Evelyn Byrd, uno dei più grandi esploratori dell’Antartide, fu salvato grazie alla radio. Nel 1934 Byrd soggiorno’ da solo in un rifugio di pochi metri quadrati a 200 chilometri dalla base principale e fu lentamente avvelenato dal monossido di carbonio. Ascoltando la sua voce alla radio, i compagni compresero che stava molto male e accorsero a salvarlo.


CREDITO FOTOGRAFICO DELLE IMMAGINI IN BIANCO E NERO: U.S. Navy- National Science Foundation-US Antarctic Photo Library

DA UN POLO ALL'ALTRO PER MISURARE I GAS A EFFETTO SERRA

Un aereo speciale - attrezzato come un laboratorio volante - ha fatto il giro del mondo per prelevare campioni di atmosfera e misurare in tempo reale i gas a effetto serra a varie latitudini e a diverse altezze. Il progetto si chiama HIPPO (HIAPER Pole-to-Pole Observations) e si avvale di un aereo Gulfstream V di proprietà della National Science Foundation americana, utilizzato dal National Center for Atmospheric Research (NCAR) di Boulder, Colorado. L'aereo si chiama HIAPER (High-performance Instrumented Airborne Platform for Environmental Research) ed è un laboratorio volante ultra-sofisticato. La sua autonomia di 11.000 Km gli consente di attraversare enormi distanze senza essere costretto ad atterrare. A bordo, un'equipe di ricercatori ha prelevato e misurato in tempo reale le concentrazioni di anidride carbonica e di altri gas a effetto serra intorno al pianeta, con strumenti progettati appositamente per la missione HIPPO, finanziata dalla NSF (4,5 milioni di dollari finora) e dal NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). FOTO IN ALTO: HIAPER in volo sopra l'Alaska.
"Questa missione ci fornirà dati straordinari sulla concentrazione di CO2 e di altri gas a effetto serra ovunque nel mondo - ha spiegato Britton Stephens del NCAR, uno dei responsabili dello studio.Potremo fare previsioni più precise sull'evoluzione della loro concentrazione e prendere decisioni migliori riguardo al global change". Ogni anno vengono prodotti nel mondo 30 miliardi di tonnellate di CO2: di questi, il 40% si accumula nell'atmosfera, mentre il resto verrebbe disciolto negli oceani oppure assorbito da ecosistemi terrestri.
"Questa è la prima volta che si è tentato di realizzare una mappa della distribuzione di CO2 e di altri gas a effetto serra, dalla superficie terrestre fino all'alta atmosfera
", dice Ralph Keeling dello Scripps, uno dei responsabili della missione. "Gli ocean
ografi hanno compiuto studi simili per decenni, ma per quanto riguarda lo studio dell'atmosfera l'approccio è rivoluzionario. Volo dopo volo otteniamo dei dati, delle istantanee: una volta messi insieme otterremo una visione globale." FOTO A DESTRA: HIAPER in fase di atterraggio a Deadhorse in Alaska.

HIAPER è decollato l'8 gennaio 2009 da Boulder e ha fatto il giro del mondo dal polo nord al polo sud: dal Colorado all'Alaska, poi al di
sopra dell'Artico quindi attraverso l'oceano Pacifico giù fino in Nuova Zelanda, in Antartide fino al polo Sud e infine rientro alla base passando per l'isola di Pasqua e il Costarica. Venti giorni di volo, 44.700 chilometri percorsi. Chi non avrebbe voluto essere a bordo?? I campionamenti sono stati compiuti a diverse altezze fra i 300 e i 14.000 metri e le misure effettuate in tempo reale. A questa missione collaborano anche il NOAA (fianziatore del progetto insieme alla NSF),la Scripps Institution of Oceanography, l'Università di Princeton e di Miami. Si tratta delle prima di cinque missioni che si svolgeranno fra il 2009 e il 2011. FOTO QUI SOPRA: HIAPER.

Rimane da porsi una domanda (da pignoli): quanta CO2 ha emesso HIPER nel suo volo di 44.700 km intorno alla Terra? Nella progettazione di questo aereo è stato considerato questo elemento?

CREDITO DELLO FOTOGRAFIE: NCAR

martedì 10 febbraio 2009

ABISSI E ANTARTIDE: NEGLI AMBIENTI ESTREMI

Si chiama Alvinella pompejana, è un verme di 13 centimetri di lunghezza ed è considerato da alcuni “la creatura più termoresistente del pianeta”. Scoperto nei primi anni 80 nelle sorgenti idrotermali dell’Oceano Pacifico, è un polichete capace di vivere a temperature intorno agli 80°C grazie alla simbiosi con batteri che ricoprono una parte del suo corpo formando una sorta di "vello" dello spessore di un centimetro. Nel DNA dei batteri è stato scoperto un gene - una particolare sequenza del DNA- che induce la produzione di una proteina in grado di proteggerli da temperature troppo elevate. Proteggendo sé stessi, proteggono anche il verme. In cambio, questo secerne del muco di cui si nutrono i batteri. La scoperta è stata compiuta da ricercatori americani dell’Università del Delaware, finanziati dalla National Science Foundation, ed è stata pubblicata online il 6 febbraio su PLos genetics. La proteina prodotta dai batteri estremofili puo’ trovare un impiego nell’industria farmaceutica, tessile o alimentare. Chi riesce ad isolare (e a brevettare) il gene che codifica per quella proteina ha trovato una miniera d'oro.

I ricercatori sono scesi sul fondale dell’oceano Pacifico a bordo del sommergibile Alvin, per esplorare sorgenti idrotermali ad ovest del Costa Rica. Il verme (noto con il nome di “verme Pompei”) e i suoi batteri (Nautilia profundicola) vivono sul fondo dell’oceano a 2.500 metri di profondità, presso dei geysers sottomarini chiamati sorgenti idrotermali. Questi "geysers" emettono acqua a temperatura elevatissima, contenente minerali e sostanze chimiche che permettono lo sviluppo di ecosistemi unici al mondo. La capacità di vivere in condizioni estreme e probabilmente molto simili a quelle esistenti sulla Terra milioni di anni fa affascina e intriga i ricercatori.

A 2,5 Km di profondità è buio pesto e la pressione è di circa 250atmosfere. L'ambiente è un deserto, tranne intorno alla sorgenti idrotermali - dove si sviluppano oasi di vita caratterizzate dalla presenza di un gran numero di tubi biancastri e sottili, affiancati gli uni agli altri. Sono le dimore dei vermi Pompei: il loro corpo sta nel tubo, mentre la testa di colore rosso scuro, di forma tentacolare (sono le branchie) si affaccia all'estremità. Grazie a una sonda-termometro i ricercatori hanno misurato la temperatura nel tubo: 80°C. Le branchie invece sono immerse in aqua a 22°C. FOTO A LATO: il verme estratto dal suo tubo-dimora. Si nota la il "vello" formato da uno strato di batteri termofili e - in basso- le branchie in forma di "petali".


Nel cuore dell’Antartide, sotto a quattromila metri di ghiaccio è nascosto il lago Vostok.
Finora, nessuno ha potuto penetrare le sue acque e esplorarne le profondità. Tuttavia, nella parte pù profonda delle carote di ghiaccio estratte nel passato alla base Russa Vostok (situata sopra il lago) sono state trovate tracce di un batterio termofilo. La parte più profonda delle carote di ghiaccio contiene acqua di rigelo del lago; il batterio proviene dunque dal lago Vostok. Sul fondale esistono faglie profonde, simili a sorgenti idrotermali; i batteri potrebbero formare un rivestimento sulle pareti di queste faglie. Del resto è quanto fa Nautilia profundicola: non solo forma il “vello” che riveste il dorso del verme Pompei, ma tappezza anche i “camini” delle sorgenti idrotermali. Chissà che una situazione simile non esista anche sul fondale del lago Vostok? Anche laggiù è buio profondo e la pressione atmosferica è ancora più elevata.

CREDITO FOTO: Università del Delaware.

lunedì 9 febbraio 2009

IN DIRETTA DALL'ACQUARIO DEL KRILL ANTARTICO

Testo tratto dall'opera "Antartide, il Cuore bianco della Terra" di Lucia Simion, Giunti editore, (riproduzione vietata senza autorizzazione dell'Autore). Aggiornamento: febbraio 2009.


Incontrare il krill antartico in libertà nell’oceano australe è un evento raro. In alto mare questo piccolo crostaceo (lunghezza: 5-6 cm) forma sciami smisurati che si stendono per decine di chilometri in superficie e che possono contenere fino a 30.000 individui per m3. Questi sciami sono uno spettacolo eccezionale, perché durante il giorno il krill soggiorna in profondità e risale verso la superficie solo durante le ore notturne. Allevare il krill in cattività al di fuori dell’Antartide – e riprodurlo - é una faccenda ancora più complicata, ma esistono due luoghi al mondo dove i ricercatori sono riusciti in questo intento per ragioni di studio. Uno di questi due centri si trova alla sede dell’Australian antarctic division (AAD, programma polare australiano), a Kingston in Tasmania, Australia. Oggi, grazie a una KRILL CAM (una webcam posizionata sopra l'acquario del krill, immagini aggiornate ogni 3 minuti) potete tranquillamente osservare anche voi in diretta questi minuti e preziosi crostacei, come se foste in Tasmania. O in Antartide. CLICCARE QUI PER VEDERE IL KRILL ANTARTICO NELL'ACQUARIO.

Per due volte ho avuto la fortuna di visitare di persona questo acquario per osservare il krill antartico. Entrambe le volte ho avuto una guida d’eccezione: il dottor So Kawaguchi, responsabile degli studi sul krill all’AAD. I ricercatori australiani sono all’avanguardia negli studi sul krill, in particolare Steve Nicol e So Kawaguchi.

Ma eccoci di fronte alla porta d’accesso della
«krill facility». Entriamo. La prima stanza è il luogo in cui vengono allevate le alghe unicellulari di cui si nutre il krill (diatomee): in pratica si tratta di un « orticello », se cosi’ possiamo chiamarlo. Le alghe sono «coltivate» in grandi provette, alte un paio di metri.Dentro «bolle» una sorta di «brodo» colorato : in una provetta è giallo, in quella accanto è arancione, poi ancora verde….il colore dipende dai pigmenti contenuti nelle alghe. FOTO QUI SOPRA: So Kawaguchi e i recipienti per la coltura delle diatomee.

Il Dr. Kawaguchi mi fa segno di seguirlo nella stanza adiacente, immersa in una specie di penombra e con una temperatura glaciale. Qualche secondo di adattamento alla luce fioca ed ecco apparire due grandi cilindri alti press’appoco un metro e mezzo e larghi due, pieni d’acqua di mare.
So Kawaguchi si appoggia sull’estremità e osserva. « Eccoli li » dice piano indicando la superficie dell’acqua, agitata da un moto circolare: mi affaccio sulla vasca in silenzio. «Niente gesti bruschi», mi avverte So. Nell’acqua scura e gelata, limpidissima, freme un branco di gamberetti translucidi, che si lascia portare a spasso dalla corrente. Fra una vasca e l’altra ce ne sono 5.000, spiega So.

Improvvisamente i gamberetti scendono sul fondo della vasca :
«Ci hanno visto» spiega So Kawaguchi, aggiungendo che si tratta di un comportamento assolutamente normale. Dopo un attimo ritornano in superficie : «Ci stanno osservando» dice. In effetti sembra che vogliano dare una sbirciatina per capire chi siamo. I loro occhi somigliano a due minuscole biglie, nere e lucenti come ossidiana. Puo' sembrare assurdo, ma ci si sente osservati per davvero. Restiamo in silenzio e li guardiamo mentre nuotano, agitando le loro gambette e filtrando l’acqua con l’apposito apparato buccale. No hanno più timore e restano presso la superficie, accanto a noi. Sembra un miracolo, un miracolo fragile e bellissimo. FOTO QUI SOPRA: So Kawaguchi accanto a una delle vasche contenenti il krill antartico.

NOTA: Ultime notizie dall'acquario del krill all'Australian Antarctic Division (ricevute via email il 4 febbraio scorso da parte del Dr. Kawaguchi): le vasche accolgono 5.000 adulti, più 200 giovani nati l'anno scorso (2008) e 100 larve appena nate. La riproduzione del krill antartico in cattività è un grande successo. Finora solo un altro acquario - situato in Antartide - è riuscito nell'impresa. Al di fuori dell'Antartide, solo la KRILL FACILITY dell'Australian Antarctic Division ha avuto successo. Attualmente la facility conta tre vasche da 2.000 litri ciascuna.

PER SAPERNE DI PIU':
Il krill è un piccolo crostaceo che somiglia a un gamberetto delle lunghezza di 6 centimetri e del peso di circa un grammo. Il suo corpo è translucido, di colore biancastro, con due grandi occhi neri, rotondi come biglie. Sono occhi composti da innumerevoli ommatidi, come quelli degli insetti e degli aracnidi. Sono importanti per determinare l’età degli individui.

Il krill fa parte dello zooplancton e occupa una posizione fondamentale nella catena alimentare dell’oceano australe: pinguini, balene, foche cancrivore e foche leopardo, foche da pelliccia, calamari e pesci si nutrono di krill. Durante un soggiorno di 4 mesi nell’oceano australe, una femmina di balenottera di Minke consuma circa 56,2 tonnellate di krill. I ricercatori hanno identificato 85 diverse specie di questo piccolo gamberetto, di cui 5 vivono nelle acque che circondano l’Oceano australe : la specie più abbondante – e di dimensioni maggiori – è Euphausia superba. La sua biomassa nell’ocano australe ammonterebbe a 500 milioni di tonnellate. In alto mare, Euphausia superba forma sciami smisurati che si stendono per decine e decine di chilometri e che possono contenere fino a 30.000 individui per m3.

Il krill è un erbivoro: si nutre di minuscole alghe unicellulari - le diatomee - che fanno parte del fitoplancton (il plancton di origine vegetale). Il corpo delle diatomee è racchiuso in una delicatissima « scatolina » calcarea : ogni specie è caratterizzata da una forma ben precisa. Sono dei minuscoli gioielli del mare. Queste alghe unicellulari vivono sempre nei pressi della banchisa:durante la formazione del pack vi restano inglobate, e finiscono per formare quegli strati color giallo-ocra che si vedono durante l’estate australe, quando la banchisa si spezza e i blocchi di ghiaccio paiono come zattere di zucchero galleggiante. Il krill è dunque sempre associato alla banchisa e il suo apparato buccale è strutturato per poter « grattare » la superficie inferiore del ghiaccio, al fine di raccogliere le diatomee, e per filtrarle nell’acqua di mare una volta che il ghiacio si è sciolto, nel cuore dell’estate australe.

L’estate è anche il periodo riproduttivo del krill : le femmine depongono da 8.000 a 10.000 uova (due volte l’anno) : le uova fecondate scendono poi in profondità – sui 700 metri, dove avviene lo sviluppo delle larve, che in seguito ritornano in superficie. A mano a mano che cresce, il krill deve cambiare corazza : abbandona quella vecchia e ormai troppo stretta e ne forma una nuova (anche i granchi, le aragoste e altri crostacei fanno la muta).
Quanto tempo vive ? Fra i 5 e i 7 anni. E come fa a sopravvivere durante l’inverno, quando il mare è gelato per migliaia di chilometri intorno all’Antartide? E’ capace di digiunare per lunghi periodi (in cattività per circa 200 giorni), ma anche di ridurre le proprie dimensioni. Ecco perché non è possibile stabilire l’età del krill in base alle dimensioni del suo corpo. La pesca industriale del krill è iniziata negli anni 70 (da parte di compagnie russe, giapponesi e norvegesi).

I timori legati alle conseguenze di una pesca industriale eccessiva sull’ecosistema dell’oceano australe hanno portato alla
ratificazione di una convenzione internazionale – il CCAMLR – entrata in vigore nel 1982 e facente parte del Sistema del Trattato Antartico. L’approccio del CCAMLR è innovativo perché per la prima volta una convenzione tiene conto dell’effetto globale della pesca industriale su un intero ecosistema. Il krill è utilizzato essenzialmente per l’aquacultura, ma anche per l’alimentazione umana, sebbene debba essere trattato molto rapidamente prima che si degradi e sebbene contenga parecchio fluoro; la raccolta annuale è di 100.000 tonnellate (il massimo si è verificato nel 1881 con un bottino di 150.000 tonnellate). La sede del CCAMLR si trova a Hobart in Tasmania (Australia).

FOTO DEL KRILL: (c) STEPHEN BROOKES-Australian Antarctic Division
ALTRE FOTO: LUCIA SIMION (c)

LA GUERRA DELLE BALENE NELL'OCEANO AUSTRALE

Quest'anno il faccia a faccia fra la flotta baleniera giapponese e i membri dell'associazione ambientalista Sea Shepherd nell'oceano australe è stato particolarmente violento. Gli ambientalisti hanno affrontato le imbarcazioni "da ricerca" giapponesi a colpi di bottiglie colme di colorante, e i giapponesi hanno risposto con getti d'acqua ad alta pressione per tenere distanti e possibilmente affondare gli Zodiac di Sea Shepherd. Colare a picco nell'oceano australe significa rischiare la vita. La nave degli ecologisti - battezzata Steve Irwin - partita da Hobart in Tasmania il 21 gennaio scorso, è entrata in collisione due volte con imbarcazioni della flotta di cacciatori di balene, senza conseguenze preoccupanti, ma con rischi gravi per i membri dell'associazione. Nonostante ci fosse carburante a sufficienza per continuare a contrastare la flotta giapponese, Paul Watson (fondatore di Sea Shepherd e capitano della nave) ha deciso di rientrare in Australia per non mettere a repentaglio la vita dell'equipaggio e dei membri dell'associazione.

Sebbene Il mare di Ross sia stato dichiarato Santuario delle Balene e di conseguenza la caccia sia vietata, ogni anno una flotta di balenieri giappone
si entra nel santuario per massacrare impunemente fra 800 e mille balene (soprattutto balenottere minori), la cui carne viene poi scoperta sui mercati giapponesi. Negli anni passati, parecchie delle balenottere catturate erano gravide. Da notare che la caccia viene segnalata come "attività scientifica" e che sulla fiancata delle imbarcazioni giapponesi sta scritto a lettere cubitali "RESEARCH". Le "attività scientifiche" vengono compiute sparando arpioni esplosivi nel corpo o nella testa delle balene. La morte non è istantanea e i cetacei colpiti vanno incontro a una lunga agonia - fra sofferenze atroci come ci si puo' ben immaginare vedendo i video delle balene che si dibattono in un mare di sangue.
Ci si chiede com'è possibile che la comunità internazionale non intervenga in modo più marcato, con i mezzi della diplomazia e facendo la voce più grossa. Il lavoro vie
ne lasciato agli ambientalisti come Sea Shepherd, che rischiano la vita per impedire ai giapponesi di massacrare altre balene.


PER SAPERNE DI PIU':

La casa editrice Il Corbaccio ha pubblicato da poco l'opera di Peter Heller "I guerrieri delle balene", tradotto in Italiano da Maddalena Jahoda, biologa esperta di cetacei e giornalista scientifico. L'opera, di grande attualità, racconta per l'appunto le imprese delle "Whale Wars" condotte da Paul Watson e dalla sua associazione "ecoterrorista" Sea Shepherd nel'Oceano australe.

"Le mie balene" (Ugo Mursia Editore) di Maddalena Jahoda.

"Il dilemma della Sfinge" (Franco Muzzio Editore) di Giuseppe Notarbartolo di Sciara e Jeff Schweitzer.

SITO WEB DELL'ISTITUTO TETHYS

FOTO IN ALTO: AFP

martedì 3 febbraio 2009

ANTARTIDE: LA NUOVA GUIDA LONELY PLANET

La quarta edizione della fortunata guida Lonely Planet dedicata all'Antartide è uscita all'inizio di gennaio 2009. Ecco qui a sinistra la copertina. Una foto tenerissima di un pulcino Imperatore che cerca protezione e conforto appoggiandosi a uno dei genitori.

L'autore - Jeff Rubin - è uno dei direttori della rivista The Polar Times, organo ufficiale dell'American Polar Society, di cui è vicepresidente. La prima spedizione di Jeff in Antartide risale al 1987; da allora Rubin è ritornato innumerevoli volte nel continente bianco. Tiene conferenze sull'Antartide in terraferma e sulle navi da crociera che visitano il continente di ghiaccio. Il turismo antartico è infatti una delle rare nicchie dell'industria turistica a non essere in crisi: il numero di coloro che ogni anno si recano in Antartide (per nave, in aereo, a bordo di un veliero) aumenta regolarmente. La cifra si aggira sulle 46.000 presenze per questa stagione 2008-2009. L'industria turistica è gestita essenzialmente dall'International Association of Antarctic Tour Operators (IAATO), una associazione fondata nel 1991 da 7 tour operators. Oggi comprende 102 membri, a livello mondiale. Nel 2007-08 le navi registrate presso la IAATO erano 58.

Antarctica di Jeff Rubin è più che una guida. E' una enciclopedia tascabile zeppa di informazioni utilissime (380 pagine), anche per i non-turisti. Temi: esplorazione del continente (una delle passioni di Jeff), l'oceano australe, la scienza in Antartide, descrizione delle varie basi scientifiche, delle diverse isole subantartiche, flora e fauna, itinerari, spedizioni private...e anche un capitolo attualissimo sul Climate change in Antartide, scritto da Maj de Poorter, presidente del Consiglio consultativo per l'Antartide dell'IUCN (International Union for Conservation of Nature). Un altro capitolo interessante è quello dedicato alla "Cultura antartica", che descrive le caratteristiche degli antartici, oltre che della letteratura, del cinema e della musica ispirate dal continente bianco.
Numerosi sono i contributi di grandi esperti, come Martin Siegert, Professore di Geoscienze all'Università di Edimburgo e specialista dei laghi subglaciali; Philip Kyle, Professore di Geochimica al New Mexico Institute of Mining and Technology, esperto mondiale del vulcano Erebus e responsabile del Mount Erebus Volcano Observatory; Bill Hammer, Paleontologo e scopritore del Cryolophosaurus ellioti, il primo dinosauro carnivoro scoperto in Antartide; Sally Poncet, navigatrice...e molti altri.
Questi contributi (30 in tutto) sono un grande valore aggiunto alla guida di Jeff Rubin, che comprende anche i vari articoli del Trattato Antartico. Ripeto: Antarctica è più di una guida turistica. Si legge con piacere come un piccolo trattato e si imparano un sacco di cose nuove.

ANTARTIDE: POSTA POLARE

Un ufficio postale in capo al mondo Testo tratto dal mio libro: "Antartide, Cuore bianco della Terra", GIUNTI Editore, pagina 194-195 (Autore: Lucia Simion).

L’Astrolabe, la nave-rifornimenti che collega la base francese Dumont d’Urville in terra di Adelia a Hobart in Tasmania (2.700 km di distanza, 7 giorni di viaggio) si avvicina piano piano alla costa. La banchisa si è spezzata e i lastroni galleggiano sul mare come un gigantesco puzzle. L’Arcipelago di Pointe Géologie - dove l’esploratore francese Jules Sébastien César Dumont d’Urville arrivo’ un giorno di gennaio del 1840, è di fronte a noi. Di là dall’isola dei Petrelli, dove sorge la stazione, scorgiamo l’immensità del plateau polare, piatto e liscio come la superficie di un pianeta gelato.

Mentre ci avviciniamo alla base - e il pilota dell’elicottero prepara il velivolo per lo sbarco - alcuni marinai accatastano sul’helipad un decina di grossi sacchi di tela grezza di colore azzurro. Sopra sta scritto: France-La Poste. Poco dopo li caricano sull’elicottero, sotto lo sguardo atento di Jean-Marie Jaguenaud, responsabile delle Poste, Telecomunicazioni e dell’Informatica delle TAAF (Terre australi e antarctiche francesi). Tradizionalmente, in tutti e cinque i distretti delle TAAF - Crozet, Kerguelen, Amsterdam, la terra di Adelia e le Isole Eparses, i sacchi della posta hanno la priorità assoluta e vengono sbarcati prima dei passeggeri. Zeppo di sacchi postali, l’elicottero decolla. Direzione: l’Ufficio Postale di DDU, un piccolo edificio basso, color rosa pastello, con il tetto coperto di antenne: si chiama la “Gérance Postale”.

Ho avuto l'occasione di visitare la Gérance Postale (foto a destra) quando la responsabile, ovvero la "postina", era una donna: Jocelyne Le Bret di Brest, una delle due prime donne francesi che hanno fatto winter-over a DDU. In gergo locale, la chiamano “gépétte”. E’ uno dei personaggi più amati della stione, perché - nonostante telefoni e email abbiano facilitato i contatti con le famiglie- è alla Gérance Postale che arrivano le lettere e i pacchetti inviati dai propri cari, distanti 15.000 Km da DDU. Il suo assitente si chiamava Philippe.

Durante, l’estate australe (da ottobre a merzo) le 5 rotazioni dell’Astrolabe trasportano circa 35 sacchi postali, del peso di 15 Kg ciascuno. Molte delle lettere (vedi la foto in alto) che contengono sono di filatelisti. Dal 1950 ad oggi, il servizio filatelico delle TAAF ha emesso 481 francobolli e 4 “Carnet de Voyage” filatelici, ricercatissimi dai collezionisti di tutto il mondo. L’ufficio postale di Dumont d’Urville non è l’unico del suo genere in Antartide: altre stazioni ne hanno una, per esempio le tre basi australiane Mawson, Casey e Davis; la giapponese Siowa, le americane McMurdo e Plamer, le inglesi Rothera e Halley; le argentine Belgrano e Jubany, la cinese Zhong Shan.....e molte altre. Fra le più belle collezioni di francobolli polari, ci piace ricordare certamente quelli delle TAAF, quelli della Ross Dependency (Nuova Zelanda), gli inglesi (British Antarctic Territory), e quelli del territorio antartico australiano. Diversi paesi hanno emesso francobolli in occasione dell’Anno polare internazionale 2007-2008.

FOTO IN ALTO, ACCANTO AL TITOLO: una lettera inviata dalla Géance Postale (Ufficio Postale) di Dumont d’Urville, amministrata dalle TAAF (la stazione è invece gestita dall’Istituto polare francese IPEV). La Gérance Postale è l'edificio rosa pastello che vedete nella fotografia (notare la buca delle lettere, gialla come a Parigi e in tutte le città francesi). Francobollo: misura esattamente 156 mm di lunghezza e 31,77 mm di altezza. E’ uno dei più lunghi francobolli del mondo. Rappresenta il percorso del Sole a Dumont d’Urville, il 21 Giugno, giorno del solstizio d’inverno nell’emisfero australe. Quel giorno, il sole si leva per due ore appena, per tramontare poco dopo. Il francobollo è stato emesso dalle TAAF il 21 giugno 2007. Sulla seconda busta: un francobollo TAAF raffigurante i progetti di astronomia alla base italo-francese CONCORDIA a Dome C.

FOTO: (c) Lucia Simion, riproduzione e utilizzo vietato senza l'autorizzazione scritta dell'Autore.

lunedì 2 febbraio 2009

ANTARTIDE: TEMPERATURE IN ROSSO A OVEST

Era la notizia di copertina del settimanale Nature del 22 gennaio scorso: le temperature dell'Antartide occidentale (compresa la Penisola antartica) sono aumentate in modo comparabile a quelle del resto del pianeta. Questo è il risultato di uno studio condotto dal climatologo Eric Steig dell'Università di Washington a Seattle, in collaborazione con la NASA, e con l'Office of Polar programs della NSF integrando i dati ottenuti negli ultimi 50 anni dalle stazioni meteo sul continente con dati ottenuti dai satelliti negli ultimi 25 anni (numerosi altri ricercatori sono co-autori dello studio). Con questo sistema gli Autori dello studio hanno ricostruito l'oscillazione delle temperature di superficie dell'arco dell'ultimo mezzo secolo in Antartide.
Finora si riteneva che l'Antartide occidentale fosse preservata dall'aumento delle temperature in corso nella Penisola antartica, dove l'87% dei ghiacciai si sta ritirando. Si riteneva anzi che si stesse "raffreddando". I risultati dello studio rivelano che invece non c'è più da farsi illusioni: le temperature sono aumentate anche nell'Antartide occidentale, di circa 1/10 di grado centigrado ogni 10 anni. La catena dei Monti Transantartici proteggerebbe l'Antartide orientale (la porzione più vasta dell'Antartide - dove si trova la base italo-francese Concordia). Ma fino a quando?

CREDITO IMMAGINE:
NASA/GSFC Scientific Visualization Studio

Per saperne di più: http://www.nasa.gov/topics/earth/features/warming_antarctica.html

PINGUINI IMPERATORE: ESTINZIONE ENTRO LA FINE DEL SECOLO?

Notizie inquietanti per i pinguini imperatore. Perlomeno, per i pinguini imperatore della colonia situata a due passi dalla base francese Dumont d’Urville, nella terra di Adelia, in Antartide.

Questa colonia, scoperta il 15 ottobre 1950 da tre membri di una spedizione francese in esplorazione nella zona, è la colonia in cui è stato girato il famosissimo documentario "La Marcia dei Pinguini". Ricercatori francesi del laboratorio CNRS di Chizé, in collaborazione con colleghi americani, hanno previsto che entro la fine del secolo la colonia di Dumont d’Urville rischia di scomparire. La causa è da ricercare nell’aumento delle temperature planetarie e quindi nella scomparsa progressiva della banchisa - indispensabile alla vita e alla riproduzione dei pinguini imperatore - La notizia è apparsa sul numero del 26 gennaio della rivista Proceedings of the Academy of Sciences of the United States of America (PNAS).

I pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri) sono uccelli marini splendidamente adattati alla vita nell’acqua e sul ghiaccio, nel più remoto, freddo e ventoso dei continenti. La loro evoluzione è iniziata milioni di anni fa, molto prima della comparsa dei più antichi ominidi. Insieme ai pinguini di Adelia (di taglia parecchio inferiore, 70 cm di altezza per 4-8 kg di peso contro 1,3 m e 20-40 kg dell’imperatore) sono i pinguini più adattati alla vita polare. La loro esistenza è legata in modo indissolubile alla banchisa (ghiaccio marino). Questa specie non sale mai a terra. Si riproduce sulla banchisa (fra aprile e luglio, nel cuore dell’inverno australe), si nutre di calamari, di pesci e di krill (un piccolo gamberetto la cui vita è legata alla banchisa) e infine compie la muta sulla banchisa. La muta è un momento delicatissimo della vita del pinguino imperatore: ogni anno, per circa 4 settimane deve restare all’asciutto, sulla banchisa -a digiuno- per cambiare tutte le penne: in quel periodo non puo’ immergersi per pescare perché il suo mantello non è impermeabile. Gli imperatori possono restare in immersione per circa 20 minuti, e scendere fino a 500-600 metri di profondità grazie alle riserve di ossigeno stoccate nei muscoli, legate alla mioglobina, una proteina simile all’emoglobina del sangue.

Il ghiaccio marino dell’Antartide è dunque fondamentale per la loro sopravvivenza. La scomparsa progressiva della banchisa, preannunciata dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è una situazione quasi senza via di uscita per i pinguini imperatore. Se non saranno in grado di adattarsi ai mutamenti dell’ambiente antartico, non sopravviveranno. I ricercatori si sono basati su uno studio demografico compiuto fra il 1962 e il 2005 nella colonia di imperatori situata a poche centinaia di metri dalla base Dumont d’Urville (una delle 42 colonie di pinguini imperatore attualmente conosciute intorno all’Antartide, per un totale di circa 400.000 individui, dati degli anni 90). Dagli anni 70 ad oggi, la colonia della base francese si è ridotta del 50%, passando da 6.000 uccelli a circa 3.000 e il ghiaccio marino si è ridotto dell’11%.
Combinando lo studio demografico con i dati dell’IPCC gli autori della pubblicazione hanno calcolato che se la scomparsa della banchisa continua con il ritmo attuale, nel 2100 la colonia di Dumont d’Urville verrebbe decimata del 93% (sopravviverebbero 400 individui), con una probabilità del 36% di estinguersi completamente. Uno studio pubblicato sul settimanale Nature del 22 gennaio 2009 annuncia peraltro che nell’ultimo mezzo secolo le temperature in Antartide sono aumentate non solo nella Penisola antartica (dove l’87% dei ghiacciai è in ritiro e piattaforme di ghiaccio come quella di Wilkins si stanno frammentando ogni giorno di più), ma anche nell’Antartide occidentale. La colonia più settentrionale di pinguini imperatore si trova nella Penisola antartica : in meno di 50 anni si è ridotta da 150 coppie a 34.

Nei paraggi della base italiana nel Mare di Ross esistono due delle più grandi colonie di pinguino imperatore: la colonia di Cape Washington e di Coulman Island, con circa 20.000 individui ciascuna. Altre colonie sono presenti nel mare di Ross, fra cui una sull’isola di Ross, a Cape Crozier, dove tre compagni del capitano Scott si recarono durante la notte polare del 1910-11, per osservare la riproduzione e raccogliere delle uova con lo scopo di studiare gli embrioni. Secondo gli autori dello studio, il Mare di Ross potrebbe esere l’ultimo santuario dei pinguini imperatore.

Fotografia di Lucia Simion (c) - è vietato l'uso senza autorizzazione scritta

ANTARTIDE: I MONTI PIU' MISTERIOSI DELLA TERRA

Abbiamo seguito lo svolgimento della spedizione ai Monti subglaciali Gamburtsev tramite i blog di alcuni dei partecipanti e Principal Investigators. Nonostante l'estrame complessità di questa spedizione e l'incertazza legata alle condizioni meteo, tutto si è svolto secondo il programma e le equipes sono di ritorno ai rispettivi laboratori. Nell'attesa di altre novità, vi propongo di leggere questo pezzo, scritto per Corriere della Sera online, pagine Scienza. Qui un articolo dell'Antartic Sun, in Inglese, sulla logistica della spedizione.

TESTO

In una delle località più remote, più fredde e più inaccessibili dell’Antartide orientale è sepolto un enigma. Si tratta di una catena di monti, vasta quanto le Alpi, interamente nascosta sotto una calotta di ghiaccio dello spessore di 4 chilometri (equivalenti a 12 tour Eiffel). In superficie non si vede nulla, solo una sconfinata distesa di neve che appare piatta, anche se siamo a 4.100 metri di altezza. Sotto ci sono montagne che si estendono per 1.200 km, con picchi di oltre 3.000 metri.

Si chiamano monti Gamburtsev e sono stati scoperti per caso nel 1958 da ricercatori sovietici che compivano indagini sismiche alla superficie della calotta, per scoprire lo spessore del ghiaccio. Da allora non se ne sa molto di più, poiché nessuno li ha mai visti con i propri occhi né ha potuto analizzare il benché minimo campione di rocce. La loro silouhette misteriosa è stata osservata da strumenti - radar-altimetri, laser, magnetometri e gravimetri - trasportati da aeroplani. Che origine hanno? mistero. Che età hanno? mistero. Come si è formata la calotta che li racchiude? mistero.

Per risolvere l’enigma è stata organizzata una straordinaria spedizione internazionale battezzata AGAP, da Antarctic Gamburtsev Province : è il fiore all’occhiello del quarto Anno polare internazionale in corso. Di AGAP fanno parte ricercatori e tecnici di vari paesi : Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Cina, Australia e Giappone. C’è anche un Italiano, il geofisico genovese Fausto Ferraccioli, dal 2002 responsabile del team di Aerogeofisica del British Antarctic Survey (il programma polare inglese).
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«E’ una sfida eccezionale, è come andare su Marte » racconta Ferraccioli, 38 anni, che ha già organizzato 7 spedizioni per studiare la topografia sommersa dell’Antartide, una anche con il Programma nazionale di ricerche in Antartide italiano (PNRA). Ferraccioli sottolinea l’importanza della collaborazione internazionale in questa spedizione, sostenuta con grandi mezzi finanziari e logistici soprattutto dagli Stati Uniti (tramite la National Science Foundation, NSF) e dalla Gran Bretagna. I due paesi saranno gli unici a disporre di aeroplani (due Twin Otter) equipaggiati con strumenti sofisticati che permetteranno di studiare la natura dei monti sommersi.
« E’ il progetto più ambizioso e più impegnativo finora organizzato dal British Antarctic Survey », dice Ferraccioli, precisando che l’area da esplorare è vasta 6,5 volte l’Italia, in una delle località più proibitive dell’Antartide (temperature bassissime e scarsa concentrazione di ossigeno per via dell’altezza). Quali sono i principali obiettivi della spedizione ? E quali sono gli aspetti logistici ?

« Gli obiettivi principali sono quattro
, spiega Fausto Ferraccioli. Riuscire a capire come una catena di monti si sia formata in mezzo a un continente; misurare lo spessore della calotta per trovare la località in cui lanciare un progetto di perforazione che permetterà di estrarre il ghiaccio più « vecchio » della Terra, per studi paleo-climatici ; studiare l’origine dei laghi subglaciali che si trovano intorno ai monti Gamburtsev e infine capire come i i laghi subglaciali influenzano lo scorrimento del ghiaccio. » La geologia sommersa dell’Antartide ha un’importanza cruciale nella formazione e nella dinamica delle calotte di ghiaccio : i monti Gamburtsev sarebbero le cime sulle quali ha iniziato a formarsi l’immensa calotta di ghiaccio che oggi ricopre il 98% del continente, svolgendo un ruolo fondamentale nella regolazione del clima planetario.
L’organizzazione logistica della spedizione AGAP è una sfida colossale. In primo luogo perché nella zona da esplorare non si trovano basi né depositi di caburante. I membri della spedizione vivranno in due diversi campi tendati (AGAP sud e AGAP nord), a temperature che sfiorano i -50°C.

Per compiere gli studi aero-geofisici il team americano della NSF e gli inglesi del BAS hanno suddiviso l’area da esplorare : gli americani (diretti da Robin Bell e Michael Studinger del laboratorio Lamont-Doherty) studieranno un’area più vicina al Polo sud geografico, dove è situata la base USA Amundsen-Scott ; gli inglesi voleranno a partire dal campo AGAP nord. E il carburante per gli aerei ? Verrà « consegnato a domicilio »: agli americani tramite una carovana di trattori cingolati che partirà dalla base Amundsen-Scott (una « traversa »), mentre gli inglesi lo riceveranno….dal cielo. E’ infatti previsto che 450 fusti di carburante siano paracadutati nella zona tramite 4 diversi voli di C-17, enormi aerei militari USA, utilizzati durante le campagne scientifiche per trasportare personale e materiale dalla Nuova Zelanda alla stazione McMurdo in Antartide. Cinesi, australiani e giapponesi collaboreranno a importanti aspetti logistici.
Infine, la spedizione comprende anche un team di ricercatori americani di due diverse università (Washington e Penn State) che posizionerà 25 sismometri nell’area dei monti Gamburtsev. Ritorno previsto della spedizione : gennaio 2009. Giusto in tempo per concludere in bellezza il quarto anno polare internazionale, al quale il progetto AGAP poterà il più bel regalo : il mistero svelato dei monti Gamburtsev.

PER SAPERNE DI PIU’ :
http://www.antarctica.ac.uk/press/featured/AGAP/hidden_world.php
http://www.ldeo.columbia.edu/res/pi/gambit/
http://www.nsf.gov
http://www.ipy.org
http://www.discoveringantarctica.org.uk/

LUCIA SIMION: CONFERENZE SULL'ANTARTIDE

Ogni giorno, aprendo i quotidiani, ascoltando la radio o guardando i telegiornali apprendiamo che i prezzi del petrolio e delle materie prime aumentano, che centinaia di migliaia di persone perdono il loro impiego - e il loro alloggio; che attentati suicidi costano la vita a civili innocenti in Irak o in India. Notizie terribili, che possono suscitare un’inquietudine profonda. Il futuro a volte appare oscuro e incerto, simile a “una corolla di tenebre” come scriveva il poeta Giuseppe Ungaretti. Esistono, sulla Terra, luoghi in cui non ci sono mai state guerre né attentati? Si’, un luogo simile esiste. Dove?
In Antartide, quell’immenso continente perduto all’estremità della Terra, scoperto meno di 200 anni fa.

Grande 46 volte l’Italia, l’Antartide è come un pianeta a sé, isolato in fondo al mondo e coperto di ghiaccio al 98%. Fino a trent’anni fa non si sapeva nemmeno con certezza quale fosse lo spessore del ghiaccio e che cosa ci fosse sotto. Poi, grazie all’uso di tecniche di indagine aerogeofisica (radar, magnetometri e gravimetri trasportati su aeroplani) e grazie ai satelliti è stato possibile stabilire che la corazza gelata ha uno spessore compreso fra 2.200 e 4.700 metri e che - sotto - sono nascosti laghi, fiumi e golfi che tessono fra loro una complessa rete idrica; arcipelaghi di isole, vulcani, valli e colline, catene di monti vaste quanto le nostre Alpi. Nessuno ha mai visto questi paesaggi misteriosi con i propri occhi. Si tratta di un enigma appassionante.

Per migliaia di anni l’Antartide ha affascinato geografi, navigatori e esploratori. Oggi è un tema appassionante per ragazzi e adulti.
L’Antartide è l’unico dei sette continenti della Terra a non appartenere a nessun paese: è un patrimonio dell’Umanità ed è dedicato esclusivamente alla Pace e alla Scienza. Il continente è gestito da un trattato di pace (il Trattato Antartico) al quale aderiscono 46 paesi. Non è mai stato infranto. Non ci sono mai state guerre in Antartide e non occorre passaporto per sbarcare laggiù. Ricercatori e tecnici di ogni paese del mondo partecipano a progetti e a spedizioni internazionali, collaborano nell’interesse della scienza e dell’umanità intera.

In quanto a me posso dirvi che sono un giornalista professionista, divulgatore scientifico e fotografo da 20 anni. Sono nata a Milano, ma ho scelto Parigi come città d’adozione. Ho partecipato a 8 spedizioni in Antartide, di cui 3 alla base italo-francese Dome C, per fotografare la costruzione della stazione Concordia e il progetto di perforazione in ghiaccio EPICA (che ha permesso di ricostruire l’archivio climatico degli ultimi 800.000 anni). Ho partecipato al progetto internazionale di perforazione nei sedimenti marini ANDRILL SMS (questo progetto ha estratto carote di sedimenti in cui è racchiuso un archivio del clima degli ultimi 17 milioni di anni). Nel 2005 sono stata selezionata per partecipare al Graduate Certificate in Antarctic Studies (GCAS, un corso di Scienze antartiche per laureati), presso l’Università di Canterbury a Christchurch in Nuova Zelanda.Finora solo l'unico Italiano ad aver partecipato a questo corso.

La mia passione per questo continente remoto, diverso da tutti gli altri, è nata in occasione del mio primo viaggio in Antartide - nel 1997 - sulle tracce di Shackleton e di Charcot. Ma c’è anche un’altra ragione: da piccola abitavo in Francia, in un sobborgo di Parigi chiamato Neuilly-sur-Seine. Il condominio in cui vivevo è situato a due passi alla dimora del Comandante Jean-Baptiste Charcot, esploratore dell’Antartide e dell’Artico. Frequentavo la Scuola elementare Charcot. Una concidenza? Un destino? Chissà.

Comunque sia, dopo aver ottenuto una laurea in Medicina con lode all’Università di Milano, mi sono dedicata alla divulgazione scientifica e alla fotografia di natura. Nell’arco di 20 anni ho visitato i sette continenti, ma la mia passione rimane - e sarà per sempre - l’Antartide.

Per trasmettere questa passione e condividerla con il pubblico e soprattutto con i ragazzi delle scuole (elementari, medie e liceo), organizzo conferenze sull’Antartide. L’Antartide è un tema che inspira profondamente adulti e ragazzi. E’ un tema colmo di elementi positivi e appasionanti: il coraggio e la tenacia degli esploratori, la collaborazione internazionale, il rispetto totale dell’ambiente. Il mistero dei 150 laghi di acqua dolce e dei monti nascosti sotto il ghiaccio.....
I temi delle conferenze (della durata di 50 minuti, con fotografie e video) comprendono: l’origine geologica dell’Antartide, la formazione delle calotte di ghiaccio, i fossili dell’Antartide (per es. dinosauri), gli esploratori dell’Antartide, la scienza in Antartide (con i principali progetti scientifici), le basi scientifiche, i mezzi di trasporto, la vita quotidiana nelle basi, la geopolitica).
Lascio sempre almeno mezz’ora di tempo per le domande e le risposte, sempre molto numerose. Posso tenere queste conferenze in tre lingue diverse: Italiano, Francese o Inglese.

Il tema delle mie conferenze - l’ANTARTIDE - inspira profondamente i giovani. Per diffondere la conoscenza sull’Antartide e la ricerca italiana e internazionale in Antartide e nelle isole subantartiche organizzo anche mostre fotografiche (all’aperto o in interni). Ho pubblicato innumerevoli articoli e reportages sull’Antartide, su periodici e quotidiani di vari paesi e ho pubblicato un libro edito da GIUNTI in Italia: “Antartide, il Cuore bianco della Terra” (disponibile anche in Francese e in Tedesco). Sin da piccola sono sempre stata affascinata dalla neve. E’ un elemento magico della natura. Amo la neve, i cristalli di neve, i paesaggi colmi di neve, le falesie di neve e di ghiaccio dell’Antartide.

ANDRILL: MOSTRA CONCLUSA A PARIGI

Si è conclusa alla Cité des Sciences et de l'Industrie la mostra sul Progetto ANDRILL SMS, organizzata da Lucia Simion in collaborazione con la Mediateca. La mostra è durata tre mesi ed è stata visitata da migliaia di persone. Nell'ambito di questa iniziativa è stato organizzato un incontro-conferenza con l'Autore (il 18 ottobre alla Cité des Sciences). Lucia Simion organizza regolarmente conferenze sull'Antartide per il grande pubblico e per i ragazzi delle scuole.

ANTARTIDE: PREMIO LETTERARIO IN FRANCIA

L'opera "Antartide, il cuore bianco della Terra" di Lucia Simion, edito da Giunti, ha ottenuto un premio letterario prestigioso: il premio "Beau Livre 2008", dell'Académie de Marine francese, dipartimento del Ministero degli Affari Esteri.

Fondata nel 1752, l'Académie de Marine conta dei membri illustri, come l'esploratore Louis Antoine de Bougainville. Il premio "Beau Livre" ricompensa il miglior libro illustrato pubblicato nel 2008; è stato consegnato a Lucia Simion il 15 ottobre, nell'ambito di una cerimonia ufficiale tenutasi all'Ecole Militaire. Nel 2007, l'opera era stata selezionata dall'Ufficio centrale dell'International Polar Year per la collezione di libri polari
IPY Polar Books Collection.

SAN MARINO: FRANCOBOLLI POLARI

Nel mese di novembre 2008 l'Azienda Autonoma di Stato Filatelica e Numismatica (AASFN) ha emesso tre francobolli per celebrare il Quarto Anno Polare Internazionale. I tre francobolli sono stati creati a partire da fotografie di Lucia Simion, la messa in pagina è di Marco Mussoni. Il valore facciale dei francobolli è di 0,60 €, 1,00 € e 1,20 €. Il primo raffigura il monte Melbourne, uno dei rari vulcani attivi dell'Antartide. E' alto 2.700 metri e mostra attività fumarolica. Il secondo bollo mostra una colonna di pinguini imperatore, fotografati nella colonia di Coulman Island, una delle più vaste dell'Antartide. Nel terzo francobollo si vede il plateau polare con i sastrugi, rilievi scolpiti dal vento, simili a onde gelate.
Lucia Simion è autore del "Carnet de Voyage Philatélique" delle TAAF, le Terre australi e antartiche francesi, emesso nel novembre 2007.