domenica 15 marzo 2009

SARKOZY NOMINA L'EX-PRIMO MINISTRO MICHEL ROCARD "AMBASCIATORE" PER LE RELAZIONI INTERNAZIONALI RELATIVE ALL'ARTICO E ALL'ANTARTIDE

Michel Rocard (78 anni), ex-primo ministro socialista di François Mitterand negli anni 1988-1991, segretario del partito socialista francese (1991) e deputato del parlamento europeo dal 1994 fino al gennaio 2009, sarà "l'Ambasciatore di Francia" incaricato delle relazioni internazionali relative alle regioni polari del pianeta, l'Artico e l'Antartide. E' una decisione di Nicolas Sarkozy. Nella sua nuova veste di "ambasciatore dei ghiacci" Rocard potrebbe per esempio recarsi al prossimo ATCM. Nel frattempo ha compiuto un viaggio privato in Antartide dal 22 gennaio al 2 febbraio 2009, in compagnia di membri dell'ONG francese "Le Cercle Polaire", fra cui vi sono parecchi giornalisti e divulgatori scientifici esperti delle regioni polari. Quand'era primo ministro di Mitterand, Rocard si era opposto alla ratificazione del CRAMRA (Convention on the Regulation of Antarctic Mineral Resource Activities), la convenzione del Trattato Antartico relativa allo sfruttamento delle risorse minerarie sul continente. Il problema dello sfruttamento minerario in Antartide fu inizialmente sollevato dalla Gran Bretagna e dalla Nuova Zelanda, dietro richiesta di imprese minerarie.
Le tratattive per giungere ad un accordo sulla ricerca mineraria e sullo sfruttamento iniziarono nel 1981; ci vollero ben sette anni di lavoro per redigere questo trattato estrememente complesso e delicato, che fu pronto per essere firmato nel 1988. Nel frattempo i paesi che avevano ratificato il Trattato Antartico erano diventati 38 (dai 12 iniziali - oggi sono 46). Nel 1989 la Francia e l'Australia (due delle nazioni che ratificarono il Trattato Antartico nel 1959) si rifiutarono di firmare il CRAMRA e il trattato non entro' mai in vigore, poiché tutti i paesi aderenti al Trattato Antartico devono essere d'accordo.

In un tempo successivo Francia e Australia furono sostenute anche dall'Italia (che ratifico' il Trattato Antartico nel 1981), dalla Nuova Zelanda e dal Belgio. Il complicatissimo CRAMRA fu sostituito da un singolo articolo - il numero 7 - del
Protocollo di Madrid, che vieta qualsiasi tipo di attività mineraria in Antartide, tranne per ragioni scientifiche. Il Protocolo di Madrid entro' in vigore nel 1991: nell'articolo 2 viene stabilito che l'Antartide è una riserva naturale dedicata alla Pace e alla Scienza. Nrell'articolo 6 tutti i paesi aderenti al trattato Antartico hanno il dovere di collaborare fra loro nell'ambito di programmi scientifici (e anche nell'ambito della divulgazione e dell'educazione).

La posta in gioco nelle regioni polari del pianeta sta diventando elevatissima, soprattutto nell'Artico. In un momento delicato come questo - dal punto di vista climatico, geopolitico e ovviamente scientifico- l'Italia si fa notare per la sua totale assenza sul fronte della ricerca polare. Solo DUE Italiani
erano presenti al convegno conclusivo dell'Anno polare internazionale a Ginevra, il 25 febbraio 2009: il presidente dell'OGS di Trieste e una giornalista scientifica freelance esperta dell'Antartide (unico Italiano presente all'inaugurazione dell'IPY il Primo marzo 2007).I fondi diminuiscono anno dopo anno e l'attività dei vari ricercatori diventa sempre più difficile, in particolare nell'ambito di collaborazioni internazionali come - ad esempio - la stazione italo-francese CONCORDIA in Antartide, dove 3 Italiani stanno svolgendo il winter-over insieme a 10 Francesi. Ci si augura che il Ministro Gelmini e il Sottosegretario Pizza possano ascoltare i ricercatori, ma anche i giornalisti scientifici e i divulgatori scientifici, come l'ha fatto il senatore francese Christian Gaudin nel 2006-2007.

NELLA FOTO: Michel Rocard ai tempi in cui era Primo Ministro (1988-1991) sotto la Presidenza di François Mitterand.

mercoledì 11 marzo 2009

UN ALTRO DISCOVERY

Cape Canaveral, 11 marzo 2009: la navetta Discovery (che porta il nome di uno dei velieri di Robert Falcon Scott...) schiaccia un pisolino sotto la luna piena, prima del decollo previsto per questa notte, direzione la Stazione Spaziale Internazionale. A bordo, un equipaggio di sette astronauti (tutti uomini, nessuna donna questa volta....). Comandante della missione STS-119, che durerà 20 giorni: Lee Archambault. Discovery si trova sulla rampa di lancio 39A, al Kennedy Space center in Florida. Questa missione è la 125a degli Space Shuttle.

Il mitico Discovery di Scott, costruito apposta per la sua prima spedizione in Antartide (1901-03) prese il
largo da Dundee in Scozia, il 31 luglio 1901. Oggi è diventato un museo galleggiante e si trova sempre a Dundee (Discovery Quay, Riverside Dr, Dundee, United Kingdom‎).

Nella foto a sinistra: il Discovery di Robert F Scott.


CREDITO FO
TO NAVETTA DISCOVERY:NASA/Bill Ingalls

sabato 7 marzo 2009

LETTERA APERTA DI UNA RICERCATRICE ITALIANA SULLO STATO DELLA RICERCA ANTARTICA IN ITALIA

Silvia Olmastroni, Biologa e PhD in Scienze Polari, ricercatrice preso il Dipartimento Scienze Ambientali "G. Sarfatti" dell'Università degli Studi di Siena, è la responsabile italiana della ricerca sui pinguini Adélie. Quando è in Antartide, il lavoro di Silvia consiste nel monitorare le colonie di Adélie situate nei pressi della stazione italiana Mario Zucchelli a Baia Terra Nova (chiamata MZS in gergo antartico): le colonie di Edmonson Point, di Inexpressible island e di Adélie Cove. La località di Edmonson Point è tanto importante che nel 2006, durante la riunione annuale dei Paesi membri del Trattato Antartico (ATCM), fu creata un'apposita "Zona a protezione speciale" di 6 km2. Nell'ambito del monitoraggio delle colonie di pinguini Adélie del mare di Ross, Silvia Olmastroni ha collaborato - e scritto pubblicazioni scientifiche - con ricercatori Australiani e degli Stati Uniti. Si è recata anche in colonie di Adélie più distanti dalla stazione MZS. La fotografia a destra la ritrae insieme al collega Francesco Pezzo, nella colonia di Inexpressible island, intenta a fissare una radiotrasmittente Argos sulle piume del dorso di un pinguino Adélie. L'uso di queste radiotrasmittenti (che costano intorno ai 3.000 dollari ciascuna) ha permesso a Silvia di scoprire dove i pinguini Adélie delle colonie monitorate vanno ad alimentarsi, a che distanza dalla costa, e quanti giorni restano in mare. Dati di grande importanza, che nessuno aveva mai rilevato nell'area circostante alla nostra stazione scientifica MZS. Purtroppo, da alcuni anni il finanziamento inadeguato delle spedizioni ha impedito la regolare prosecuzione del monitoraggio annuale delle colonie di pinguini Adélie.
Silvia Olmastroni ci ha fatto pervenire questa sua riflessione sullo stato delle ricerca antartica in Italia: la pubblichiamo volentieri sul questo blog. Con l'augurio che in un prossimo futuro il nostro Governo comprenda l'importanza fondamentale della Ricerca nelle regioni polari del pianeta, e preveda lo stanziamento di fondi adeguati per la ricerca nell'Artico e in Antartide (come ha fatto negli ultimi 25 anni, durante i quali sono stati pesi 600 milioni di Euro per la ricerca antartica).


Di Silvia Olmastroni, PhD:

La diminuzione sistematica dei fondi dedicati alla ricerca è argomento ormai noto alla comunità scientifica nazionale italiana, anche i mass media nelle trasmissioni dedicate alla scienza ci ricordano ormai questo triste orientamento nazionale. Come conseguenza anche settori di notevole specializzazione scientifica e tecnologica, come le missioni in Antartide, hanno risentito di questa scelta. Ma è negli ultimi tre anni che la situazione è ulteriormente precipitata impedendo quasi in toto lo svolgimento di campagne scientifiche presso la stazione italiana in Antartide Mario Zucchelli. Questo momento particolarmente grave è coinciso con uno dei momenti più importanti della comunità polare internazionale: il IV° Anno Polare Internazionale.

Cito testualmente (http://www.annopolare.it/)

“L’Anno Polare Internazionale è un’iniziativa di ricerca scientifica internazionale ed interdisciplinare che coinvolgerà circa 50.000 ricercatori di 63 nazioni. Promosso dal Consiglio internazionale per la Scienza (ICSU) e dall’Organizzazione meteorologica internazionale (WMO), l’IPY si pone l’obiettivo principale di consentire un’osservazione e una comprensione più dettagliate delle regioni polari, attirando l’attenzione del mondo intero sulla loro importanza attraverso un’iniziativa di ricerca che non era mai stata così imponente se non durante l’Anno Geofisico Internazionale (1957- 58) di cui l’IPY ricorda il 50° anniversario.”


Così mentre i colleghi di altre nazionalità, che pur risentendo del momento di crisi globale hanno visto confermati e finanziati i propri programmi scientifici, hanno realizzato congiuntamente progetti di ricerca multidisciplinari per il biennio 2007-2009, l’Italia ha dovuto tirarsi indietro. Ogni collaborazione costruita negli oltre 20 anni di ricerche sul continente antartico è stata sospesa se non abbandonata senza neppure poter ipotizzare un momento di futura ripresa. Siamo rimasti senza parole, e non senza un certo imbarazzo ci siamo dovuti eclissare tentando di spiegare questa situazione e la totale mancanza di programmazione sul presente e sul futuro ai nostri colleghi stranieri con cui collaboravamo.

Le conseguenze e il danno per il mondo scientifico italiano sono da subito evidenti ma saranno maggiormente percepibili anche con qualche anno di ritardo. La ricerca “mancata” significa infatti mancate pubblicazioni, e quindi ridotto impatto nella comunità scientifica internazionale. Questo si traduce inevitabilmente nell’impossibilità di accedere ai fondi internazionali dedicati a questo settore di ricerca.

Significa, a livello italiano, anche la mancanza di argomenti disponibili per le tesi di laurea e di dottorato di ricerca e quindi mancata formazione scientifica e culturale in quel settore per la prossima generazione di studenti. I gruppi di ricerca che hanno investito fondi e personale per l’acquisto di materiale scientifico e bibliografico devono riciclarsi, disperdendo il know-how acquisito negli anni. Senza contare che alcune ricerche condotte in ambienti estremi avrebbero potuto essere tradotte in brevetti tecnologici internazionali. Anche ipotizzando una futura ripresa dell’attività di ricerca in Antartide rimane un “buco nero” che crescerà in modo allometrico, tanto più sarà il tempo trascorso dall’abbandono della ricerca sul campo scientifico internazionale. Va da se che a questo corrisponda, e un buon economista può certo quantificarlo, anche e soprattutto un danno economico per il nostro paese.

Fotografia di Lucia Simion (c).

CONCLUSIONE DEL QUARTO ANNO POLARE INTERNAZIONALE

Il Quarto Anno Polare Internazionale - inaugurato con una cerimonia ufficiale il Primo marzo 2007 a Parigi - si è concluso il 25 febbraio scorso 2009 con una conferenza alla sede dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) a Ginevra. La conferenza-stampa, alla quale hanno preso parte (fra l'altro) il Segretario Generale del WMO, Michel Jarraud, il Direttore dell'IPY David Carlson, la Direttrice del CNRS francese, Signora Catherine Bréchignac, Iain Allison dell'Australian Antarctic Division, si è svolta nel Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra. Ero l'unico giornalista e divulgatore Italiano presente. In quell'occasione è stato reso pubblico un documento sullo Stato della Ricerca Polare, finanziato dal WMO, dall'ICSU (il Consiglio internazionale delle Scienza) e l'IPY. Il documento in PDF è disponibile in diverse lingue (tranne l'Italiano) su questo LINK:

http://www.ipy.org/index.php?/ipy/detail/state_of_polar_research/

In alternativa collegarsi al sito dell'IPY e digitare "State of Polar Research". Nelle immagini: a destra, il Segretario Generale del WMO, Michel Jarraud, nel corso di un'intervista televisiva. A sinistra la copertina del documento "State of the Polar Research". La fotografia della copertina è del francese Christian Morel. Finanziato dal WMO e dall'ICSU (la cui sede si trova a Parigi) e sostenuto da diversi ricercatori, Morel a potuto realizzare una serie di reportages sulla ricerca nell'Artico: le fotografie sono in mostra al Palazzo delle Nazioni di Ginevra fino alla fine di marzo, poi viaggeranno attraverso il mondo. La prima tappa sarà Parigi, poi gli Stati Uniti.

Questa mostra ("Our polar Heritage") rappresenta un importante contributo del WMO, ICSU e dell'IPY per portare a conoscenza del grande pubblico le attività di ricerca scientifica internazionale nell'Artico. Si tratta di un progetto di divulgazione scientifica e le fotografie sono accompagnate da didascalie esaustive in Inglese e Francese.

Per dirvi la differenza con l'Italia: nel 2005 -all'approccio dell'Anno Polare Internazionale- avevo proposto al PNRA e alla CSNA (Commissione scientifica nazionale per l'Antartide) di seguire un'intera campagna antarctica alla nostra stazione italiana Mario Zucchelli e alla base italo-francese Concordia. Sono un giornalista scientifico, un divulgatore e un fotografo con al mio attivo diverse spedizioni in Antartide e nelle isole Subantartiche. Il mio scopo era quello di realizzare fotografie e video, raccogliere testimonianze per poi pubblicare un libro per adulti e uno per ragazzi, organizzare una mostra itinerante sulla Ricerca italiana in Antartide (con foto e video) e creare un fondo fotografico e video per l'Archivio del PNRA, come fanno tutti i Programmi polari degli altri paesi. Questo archivio è utile per organizazre mostre fotografiche a carattere divulgativo, annual reports, posters, cartoline, presentazioni power point...è utile anche per la stampa. Morale: la mia proposta è stata scartata a favore di giornalisti della RAI e dell'ANSA.

Pur essendo stata scartata, ho la soddisfazione di aver realizzato una serie di progetti che portano a conoscenza del pubblico (e dei politici) un continente unico al mondo: l'Antartide. Nell'ambito dell'Anno Polare Internazionale - e senza un solo centesimo di denaro pubblico, ho pubblicato un volume illustrato sull'Antartide, dedicato alle famiglie e ai ragazzi delle scuole, che ha riscontrato un ottimo successo e ricevuto premi ("Antartide, il Cuore bianco della Terra", in Italiano, Francese e Tedesco).
Ho organizzato diverse mostre fotografiche (in Italia e in Francia), tenuto conferenze sull'Antartide nelle scuole e per il grande pubblico (in Italia, Francia, Stati Uniti); pubblicato articoli su progetti scientifici in Antartide sulla stampa nazionale (Corriere della Sera e Famiglia Cristiana, due dei media a più forte tiratura nel nostro Paese); scritto articoli per il sito web dell'International Polar Year; realizzato francobolli per il Servizio filatelico delle TAAF (Terres australes et antarctiques Françaises) e per la Repubblica di San Marino. Infine, ho partecipato a una mostra sui cambiamenti climatici organizzata dal Museo di Scienze Naturali di Torino, con un video sul progetto europeo EPICA, che avevo documentato durante tre campagne estive a Dome C. Questa mostra di Torino (svoltasi nel 2008) ha ottenuto un grande successo di pubblico, tant'è che è durata più del previsto.

Foto: Lucia Simion - A destra in basso: la mostra del francese Christian Morel "Our Polar Heritage" al Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra. Tema: la ricerca scientifica nell'Artico.

GAMBURTSEV: LA SPEDIZIONE E' STATA UN SUCCESSO

Servizio pubblicato sul Corriere della Sera online il giorno 26 febbraio 2009:

Missione compiuta. I membri del progetto internazionale AGAP (Antarctica’s Gamburtsev Province), partiti nel novembre scorso per raggiungere il cuore dell’Antartide e studiare le misteriose montagne subglaciali Gamburtsev sono rientrati alla base. Con una straordinaria messe di dati che permetterà di svelare la natura e l’origine di una catena di monti grande quanto le Alpi, sepolta sotto quattromila metri di ghiaccio. Uno dei più grandi enigmi della Terra. I primissimi risultati sono stati svelati il 25 febbraio scorso.

“Non poteva andare meglio di cosi’, il programma è stato realizzato in modo completo dal punto di vista aerogeofisico” dice Fausto Ferraccioli, geofisico genovese, responsabile del team di ricercatori del British Antarctic Survey (BAS, il Programma polare inglese, situato a Cambridge).
I monti Gamburtsev sono stati scoperti nel 1958 da una spedizione sovietica e per mezzo secolo sono rimasti un grande punto interrogativo sulla mappa dell’Antartide. Le ipotesi sulla loro origine sono diverse: si tratta di un massiccio vulcanico come l’Hoggar in Algeria? oppure di un altipiano come le Lesotho mountains in Sudafrica? o ancora: sono il risultato di collisioni avvenute circa 360 milioni di anni orsono nel supercontinente Gondwana di cui faceva parte l’Antartide orientale? I dati erano troppo scarsi per svelare l’enigma.

Poi, all’approssimarsi del quarto Anno polare internazionale (che si è concluso il primo marzo dopo 24 mesi di intensa attività scientifica nell’Artico e nell’Antartide) è stata organizzata una grande spedizione internazionale con la partecipazione di Americani (finanziati dalla National Science Foundation), Inglesi del BAS, Australiani, Cinesi, Tedeschi e Giapponesi. Uno dei temi dell’Anno polare era infatti l’esplorazione dei territori sconosciuti, in particolare nel continente Antartico.
Che cosa hanno “visto” i membri di AGAP? “Non è un altipiano, ma una vera e propria catena di dimensioni e di aspetto simile alle Alpi, con picchi e valli incredibili modellate da processi pluviali e glaciali”, racconta Fausto Ferraccioli. “Come ha fatto una catena cosi’ grande ad essere preservata dall’erosione, è un mistero. Forse la calotta di ghiaccio si è formata rapidamente”. Ora - prosegue - la sfida è quella di analizzare la mole di dati raccolta e di capire che cosa è accaduto. I dati permetteranno di produrre una nuova mappa della topografia subglaciale, che servirà ai modellisti per stabilire nuovi modelli sulla genesi delle calotte di ghiaccio.
Dal punto di vista logistico è stata una delle spedizioni più complesse mai organizzate finora. E’ stata possible solo grazie alla collaborazione internazionale e al periodo propizio, rappresentato dall’Anno Polare Internazionale. Per acclimatarsi all’altezza i membri americani e inglesi della spedizione hanno trascorso qualche giorno alla stazione USA Amundsen-Scott al Polo sud geografico (2.800 m di altezza) prima di essere trasferiti ai rispettivi campi remoti (AGAP Sud per gli Americani e AGAP nord per gli Inglesi), dove le temperature sfioravano i -30°C. Da qui, i team hanno sorvolato le aree di studio a bordo di due piccoli aeroplani Twin Otter, attrezzati con la strumentazione per gli studi aerogeofisici (radar, magnetometro e gravimetro).
“Abbiamo avuto due settimane di ritardo, spiega Ferraccioli, ma poi siamo stati molto fortunati: 25 giorni di bel tempo ininterrotto, che ci ha consentito di volare per complessivi 120.000 chilometri, l’equivalente di tre volte il giro della Terra”. E’ stato esplorato il 20% della calotta dell’Antartide orientale, sorvolata l’area di alcuni laghi subglaciali e determinato il punto della calotta in cui verrà compiuto il prossimo progetto di perforazione profonda in ghiaccio (in quello spessore il ghiaccio racchiude un archivio climatico di un milione di anni).

Secondo i programmi, il carburante per il Twin Otter americano avrebbe dovuto essere consegnato al campo AGAP Sud con una carovana di trattori cingolati (la “traversa”) partita da McMurdo, via il Polo sud. Purtroppo quest’anno la traversa ha incontrato una serie di terribili crepacci dopo la partenza, ed è arrivata in ritardo al Polo sud. E’ stato necessario consegnare il carburante con gli Hercules LC-130 della US Air Force. Il campo di AGAP Nord ha invece ricevuto i fusti di carburante dal cielo: paracadutati da enormi C-17 americani.

Il quarto Anno Polare Internazionale si è concluso con un convegno il 25 febbraio alla sede del World Meteorological Organization e al Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra. Hanno partecipato alcuni dei principali ricercatori internazionali, fra cui Robin Bell del Lamont Doherty Earth Observatory, responsabile della spedizione americana alle Montagne Gamburtsev. Era presente anche David Carlson, direttore dell'International Polar Year.
Mentre cala il sipario su questa straordinaria maratona scientifica - che ha coinvolto 60.000 partecipanti fra tecnici e ricercatori di 60 diversi paesi - la fragile silhouette delle misteriose montagne Gamburtsev fa capolino sullo schermo dei radar. La Terra australis incognita dei geografi greci di duemila anni fa non ha finito di sorprenderci.


Lucia Simion

ILLUSTRAZIONE DI ZINA DERETZKY-NSF-BAS