BASE SCOTT, ANTARTIDE, 4 NOVEMBRE 2007
Temperatura -24°C, Vento: 20 NODI.
Temperature piuttosto basse, ma cielo sereno e sole. L’ideale per queste due giornate di «Antarctic Field Training» (AFT) ovvero di corso di sopravvivenza antartica. Tutti coloro che si recano alla base neozelandese Scott (e tutti coloro che vanno alla stazione americana McMurdo) devono fare un corso di sopravvivenza che consiste in una parte teorica (sui rischi ambientali, il gestione di situazioni di emergenza come l’ipotermia, il white-out oppure un ferito nell’ambito di una spedizione) e una parte pratica sul campo (montare una tenda, costruire un rifugio di emergenza nella neve, simulazione di emergenze, cucinare con fornelletti da campo, gestione dei rifiuti, compresi i contenuti dei WC, urina e feci – che vengono raccolti separatamente).
Partiamo dalla base Scott dopo pranzo, per installare il campo in una località situata sulla piattaforma di Ross, a una ventina di chilometri di distanza. Il posto si chiama Windless Bight e si trova ai piedi dell’Erebus, il più attivo dei vulcani antartici (3.790 m). Anche se sembra vicinissimo, quel « marmittone infernale » dista 50 chilometri da dove ci troviamo. Oggi è quieto, mentre ieri fumava proprio come una immensa marmitta. Sopra il monte Terror, un vulcano spento situato all’estremità nord-est dell’isola di Ross, si è formata una nube lenticolare che ricopre la cima del vulcano come un grande cappello.
La nostra istruttrice si chiama Kimberley Wallace, ma tutti la chiamano Billie. E’ neozelandese e ha un’energia e una determinazione inossidabili. Ci accompagna alla località in cui monteremo le tende (siamo in tre : Neville Ritchie, un archeologo neozeolandese che si occupa del restauro e delle conservazione delle capanne storiche del Mare di Ross e Tony Wells, un neozelandese esperto nella gestione di situazioni di emergenza, in particolare nella localizzazione e nel recupero di persone smarrite). Montiamo due tende piramidali « Scott ». Dopodiché procediamo alla costruzione dei rifugi di emergenza nella neve, lavorando con pala e sega: la neve dell’Antartide è cosi’ asciutta e compatta che si taglia benissimo con una sega speciale, come se fosse polistirolo. La neve ideale per costruire un igloo! Il rifugio di emergenza: in pratica si tratta di scavare un buco nella neve delle dimensioni adeguate a ospitare una o più persone, strette strette in modo che il calore si conservi e permetta una sopravvivenza di qualche ora, fintanto che i soccorsi – chiamati per radio- arrivino.
Dopo aver allestito il campo e i rifugi di emergenza, preparato la cucina da campo e selezionato il cibo disidratato che sarà il nostro menu’ di stasera, Billie ci mostra come far fondere la neve in modo efficiente, per preparare una bevanda calda oppure per preparare il cibo : si mette un pochino di acqua calda sul fondo di un pentolino (acqua contenuta in un thermos) e poi si aggiungono blocchetti di neve poco per volta, finché tutta la neve si è sciolta per bene. Riempire la pentola fino al bordo di neve è molto meno efficiente e si impiega molto più tempo a farla fondere.
Infine, visto che e' una serata bellissima e senza vento, saliamo fino a Castle Rock, un roccione di natura vulcanica situato a metà della HUT PENINSULA, penisola sottile che si spinge dall’Erebus fino al mare di Ross, e in fondo alla quale sorgono da un lato McMurdo e dall’altro Scott Base. Castle Rock era uno dei punti di osservazione preferiti da Scott e dai membri delle sue spedizioni : da lassu’ lo sguardo spazia sul McMurdo Sound e su Cape Evans – dove si trovava il rifugio di Scott- sulle isolette di fronte al rifugio (Tent island, Inaccessible island, Razorback e Little Razorback island, località nelle quali gli esploratori si recavano per far fare esercizio ai cani e ai ponies). Dall'altro lato di Castle Rock sorge la grande Barriera di Ross e l’isola di Ross con i suoi tre vulcani : l’Erebus, il Terra Nova e il Terror. Tutto il paesaggio è immacolato, l’unico colore esistente è il bianco, in tutte le sue sfumature. Le scogliere sono scogliere di ghiaccio e di neve ; le spiagge non sono di sabbia, ma di neve ; i pendii non sono coperti di alpeggi, bensi’ da ghiacciai sconfinati, con immense serraccate. Un paesaggio grandioso e inquietante.
Rientrando al campo, penso a Scott, a Shackleton e compagni : una volta giunti in Antartide erano tagliati fuori dal mondo, senza alcuna possibilità di contatti. Erano soli, completamente soli in questo bellissimo e terribile pianeta di ghiaccio.
Verso le 20.00, dopo aver cenato, ciascuno rientra nella propria tenda e si infila nel sacco a pelo. La temperatura è di -25°C. Nella notte mi sveglio e penso a Scott e a Shackleton, a Mawson e a i loro compagni. Alle loro imprese. I viaggi a piedi verso il Polo sud, risalendo l’immenso ghiacciaio Beardmore attraverso le montagne Transantartiche ; oppure il viaggio di Mawson e di due altri compagni verso il Polo sud magnetico (nel 1909), o la traversata dei compagni di Scott verso Cape Adare, l’estremità nord della Terra Vittoria….Le difficolta' e le affrontate da questi esploratori sono difficilmente immaginabile al giorno d’oggi, dove basta accendere la radio e si è subito in contatto con la base.
Lucia Simion, Scott Base, Antartide
Foto: Lucia Simion e Kimberley Billie Wallace
Temperature piuttosto basse, ma cielo sereno e sole. L’ideale per queste due giornate di «Antarctic Field Training» (AFT) ovvero di corso di sopravvivenza antartica. Tutti coloro che si recano alla base neozelandese Scott (e tutti coloro che vanno alla stazione americana McMurdo) devono fare un corso di sopravvivenza che consiste in una parte teorica (sui rischi ambientali, il gestione di situazioni di emergenza come l’ipotermia, il white-out oppure un ferito nell’ambito di una spedizione) e una parte pratica sul campo (montare una tenda, costruire un rifugio di emergenza nella neve, simulazione di emergenze, cucinare con fornelletti da campo, gestione dei rifiuti, compresi i contenuti dei WC, urina e feci – che vengono raccolti separatamente).
Partiamo dalla base Scott dopo pranzo, per installare il campo in una località situata sulla piattaforma di Ross, a una ventina di chilometri di distanza. Il posto si chiama Windless Bight e si trova ai piedi dell’Erebus, il più attivo dei vulcani antartici (3.790 m). Anche se sembra vicinissimo, quel « marmittone infernale » dista 50 chilometri da dove ci troviamo. Oggi è quieto, mentre ieri fumava proprio come una immensa marmitta. Sopra il monte Terror, un vulcano spento situato all’estremità nord-est dell’isola di Ross, si è formata una nube lenticolare che ricopre la cima del vulcano come un grande cappello.
La nostra istruttrice si chiama Kimberley Wallace, ma tutti la chiamano Billie. E’ neozelandese e ha un’energia e una determinazione inossidabili. Ci accompagna alla località in cui monteremo le tende (siamo in tre : Neville Ritchie, un archeologo neozeolandese che si occupa del restauro e delle conservazione delle capanne storiche del Mare di Ross e Tony Wells, un neozelandese esperto nella gestione di situazioni di emergenza, in particolare nella localizzazione e nel recupero di persone smarrite). Montiamo due tende piramidali « Scott ». Dopodiché procediamo alla costruzione dei rifugi di emergenza nella neve, lavorando con pala e sega: la neve dell’Antartide è cosi’ asciutta e compatta che si taglia benissimo con una sega speciale, come se fosse polistirolo. La neve ideale per costruire un igloo! Il rifugio di emergenza: in pratica si tratta di scavare un buco nella neve delle dimensioni adeguate a ospitare una o più persone, strette strette in modo che il calore si conservi e permetta una sopravvivenza di qualche ora, fintanto che i soccorsi – chiamati per radio- arrivino.
Dopo aver allestito il campo e i rifugi di emergenza, preparato la cucina da campo e selezionato il cibo disidratato che sarà il nostro menu’ di stasera, Billie ci mostra come far fondere la neve in modo efficiente, per preparare una bevanda calda oppure per preparare il cibo : si mette un pochino di acqua calda sul fondo di un pentolino (acqua contenuta in un thermos) e poi si aggiungono blocchetti di neve poco per volta, finché tutta la neve si è sciolta per bene. Riempire la pentola fino al bordo di neve è molto meno efficiente e si impiega molto più tempo a farla fondere.
Infine, visto che e' una serata bellissima e senza vento, saliamo fino a Castle Rock, un roccione di natura vulcanica situato a metà della HUT PENINSULA, penisola sottile che si spinge dall’Erebus fino al mare di Ross, e in fondo alla quale sorgono da un lato McMurdo e dall’altro Scott Base. Castle Rock era uno dei punti di osservazione preferiti da Scott e dai membri delle sue spedizioni : da lassu’ lo sguardo spazia sul McMurdo Sound e su Cape Evans – dove si trovava il rifugio di Scott- sulle isolette di fronte al rifugio (Tent island, Inaccessible island, Razorback e Little Razorback island, località nelle quali gli esploratori si recavano per far fare esercizio ai cani e ai ponies). Dall'altro lato di Castle Rock sorge la grande Barriera di Ross e l’isola di Ross con i suoi tre vulcani : l’Erebus, il Terra Nova e il Terror. Tutto il paesaggio è immacolato, l’unico colore esistente è il bianco, in tutte le sue sfumature. Le scogliere sono scogliere di ghiaccio e di neve ; le spiagge non sono di sabbia, ma di neve ; i pendii non sono coperti di alpeggi, bensi’ da ghiacciai sconfinati, con immense serraccate. Un paesaggio grandioso e inquietante.
Rientrando al campo, penso a Scott, a Shackleton e compagni : una volta giunti in Antartide erano tagliati fuori dal mondo, senza alcuna possibilità di contatti. Erano soli, completamente soli in questo bellissimo e terribile pianeta di ghiaccio.
Verso le 20.00, dopo aver cenato, ciascuno rientra nella propria tenda e si infila nel sacco a pelo. La temperatura è di -25°C. Nella notte mi sveglio e penso a Scott e a Shackleton, a Mawson e a i loro compagni. Alle loro imprese. I viaggi a piedi verso il Polo sud, risalendo l’immenso ghiacciaio Beardmore attraverso le montagne Transantartiche ; oppure il viaggio di Mawson e di due altri compagni verso il Polo sud magnetico (nel 1909), o la traversata dei compagni di Scott verso Cape Adare, l’estremità nord della Terra Vittoria….Le difficolta' e le affrontate da questi esploratori sono difficilmente immaginabile al giorno d’oggi, dove basta accendere la radio e si è subito in contatto con la base.
Lucia Simion, Scott Base, Antartide
Foto: Lucia Simion e Kimberley Billie Wallace
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