venerdì 2 novembre 2007

ALLACCIATE LE CINTURE, SI PARTE IN ANTARTIDE

Venerdi’ 2 novembre 2007, Christchurch


Questa mattina sveglia alle 5.30. E’ ancora notte. L’ultima notte nell’arco dei prossimi 30 giorni : in Antartide infatti, durante l’estate australe (da novembre a febbraio) fa giorno 24 h su 24. C’è un usignolo che canta. Anche questo non lo sentiro’ per almeno un mese….Il cielo è tutto coperto e piove.

Ore 9.30. Anche per partire in Antartide si fa il check-in, come per un volo « normale ». Tranne che qui non ci sono hostess ma militari in tenuta mimetica.
Solite domande :
- « I suoi bagagli li ha fatti lei personalmente ? »
- « Si »
- « Ha forbici o oggetti taglienti nel bagaglio a mano ? »
- « No »
- « Liquidi, gel nel bagaglio a mano ? »
- « No »

Ok, tutto a,posto, posso fare il check-in.
- « Quanti bagagli ha ? »
- « Due »
- « Quale dei due vuole recuperare in caso di volo boomerang ? »

Un volo boomerang è quando si è costretti a fare dietrofront perché le condizioni meteo in Antartide sono peggiorate all’improvviso. Tengo le dita incrociate : non ho mai «boomeranged» e non ci tengo proprio a farlo questa volta. Oggi le previsioni meteo in Antartide sono molto buone, per cui l’eventualità di fare dietrofront è remota. Dopo aver consegnato il bagaglio che va nel bagagliaio, ci viene richiesto di salire in piedi su una grossa bilancia, con tutto l’abbigliamento antartico e il bagaglio a mano.
Salgo.
- « Quanto peso ? » chiedo.
- Risposta : « Duecentoventi »
- « ….CHILI ? »
- « No, no….Duecento libbre….. »
- « Ouffff…! »

Dopo il check-in si assiste alla proiezione di un filmato sull’Antartide e sulle condizioni ambientali in Antartide e infine – prima di salire sull’autobus che ci porterà ai piedi del C-17 Globemaster della US Air Force, si devono far passare tutti i bagagli ai RX e come in tutti gli altri aeroporti del mondo si attraversa un metal-detector.

Fra passeggeri incontro Art DeVries, un ricercatore americano geniale e molto simpatico, che alcuni decenni orsono ha scoperto l’esistenza delle molecole che impediscono ai pesci antartici di trasformarsi in un blocco di ghiaccio, anche se vivono in un’acqua a -1,87 °C e a contatto con il ghiaccio (si tratta di glicoproteine e di peptidi antigelo). Art mi chiede : « E’ il tuo primo volo con un C-17 ? » Dico si’. Per lui deve trattarsi della quarantesima spedizione in Antartide o giù di li’……

Infine si sale sull’autobus e ci si avvia verso la pista di decollo. Piove a dirotto. Prima di salire scelgo una delle varie « lunch boxes » che ci vengono offerte. Questa volta sandwiches : solo snacks (chocolate-chips, anacardi, chips e altre cosette del genere, non particolarmente appetitose , più una bottiglia di acqua minerale, mele e banane).

Infine eccolo qua, il C-17 GLOBEMASTER della US Air Force ! Sembra di essere in un film del Vietnam. Tutto grigio, immenso, è li’ che ci aspetta sulla pista dell’areoporto di Christchurch, un po’ discosto dal terminal degli aerei di linea. Sono fra gli ultimi a salire. Imbocco la scaletta e quattro o cinque scalini più su’ eccomi dentro la pancia di quella balena volante. WOW, che emozione ! Troppo forte....

Siamo appena 70 passeggeri, allineati sia lungo le pareti (dove ci sono dei seggiolini di tela, piuttosto confortevoli), sia nella parte anteriore della carlinga, dove invece sono allineati veri e propri sedili di aereo di linea. Il resto dell’aereo è riempito di enormi casse di materiale. Alcune casse, di colore rosso, attirano la mia attenzione : c’è scritto « ICECUBE, Halzen, South Pole ». Contengono materiale per il gigantesco dettettore di neutrini Icecube, in costruzione al Polo Sud geografico (dimensione : un chilometro cubo, nel cuore della calotta di ghiaccio). Francis Halzen, professore di Astrofisica all’Università del Wisconsin a Madison è l’inventore di IceCube e del suo prototipo AMANDA, in funzione al Polo sud dal 1993. Nell’aereo ho incontrato diversi membri del progetto, diretti a South Pole. ICECUBE e' uno dei miei progetti preferiti: il suo inventore non ha mai abbandonato il sogno di realizzare questo immenso strumento (il piu' grande strumento scientifico della Terra), nel luogo piu' remoto del pianeta.

La pancia del C-17 (come quello degli Hercules C-130) sembra una specie di cantina : ci sono fili dappertutto, tubi grandi e piccoli, scalette, estintori…..cinghie….e le pareti sono ricoperte di materiale isolante che somiglia a fogli di alluminio. Gli oblo’ sono minuscoli, ma c’è luce perché sono accese alcune grosse lampade al neon. Il rumore è assordante e i tappi per le orecchio sono assolutamente indispensabili.

Sul C-17 non ci sono hostess (ovviamente): gli assistenti di volo sono dei Militari dell’Aeronautica Americana, con tuta verde e cappellino con su scritto «Operation Deep Freeze ». Ci distribuicono dei tappi per le orecchie e ci danno istruzioni sulle maschere a ossigeno e sull’uso dei salvagenti. Poi : « Fasten your seat belts ». Il portellone si chiude. Il gigante si muove. Dal minuscolo oblo’ situato alla mia sinistra vedo passare gli edifici del terminal. Poi i motori vengono spinti al massimo e l’aereo si lancia sulla pista, con tutta la sua potenza. In un attimo siamo per aria. PARTITI ! Che avventura straordinaria….In quattro ore e mezza atterreremo a McMurdo, in Antartide. Tremila chilometri più a sud. Non è incredibile ??

Quando penso che Scott, Shackleton, Mawson, impiegavano giorni e giorni per arrivare fra i ghiacci ! Ma io stessa ho sperimentato il viaggio in nave varie volte, per esempio a bordo dell’Astrolabe, la nave rifornimenti della base francese Dumont d’Urville nella terre Adélie : da Hobart a DDU sono 6-7 giorni di navigazione se tutto va bene, attraverso l’oceano più scatenato e turbolento della Terra. E’ tutta un’altra avventura e quando le coste del grande continente di ghiaccio giungono in vista, dopo aver superato immensi lastroni di banchisa che si spezzano contro la chiglia della nave con un rumore sordo, si ha veramente l’impressione di averla « guadagnata », l’Antartide ! Ma è certo che oggi non si puo’ fare a meno dell’aereo....

Dopo il decollo, per almeno TRE ore voliamo sopra l’oceano australe, senza vedere praticamente nulla. Poi cominciano ad apparire i ghiacci. La banchisa. E poi, infine, il continente. Lo raggiungiamo all’estremità nord della Terra Vittoria settentrionale, più o meno a livello di Cape Adare (una lunga penisola di natura vulcanica, situata all’ingresso del Mare di Ross). Guardo giù da uno degli oblo’ : la luce è accecante e non si puo’ fare a meno di mettere gli occhiali a protezione 100%. Laggiù, ecco il continente : un mondo bianco di luce, splendente, meraviglioso. Ghiaccio e neve a perdita di vista e picchi che spuntano da quel mare bianchissimo, fino all’orizzonte. Molti passeggeri si precipitano all’oblo’ ; quando si girano si vede la meraviglia e la sorpresa nel loro sguardo. Tutti sono emozionati. Quel mondo bianco di luce è meraviglioso, inatteso, di una bellezza mozzafiato.

Guardando con attenzione riesco a individuare il Monte Melbourne, e la polinia di Baia Terra Nova , poco lontano dalla nostra stazione Italiana Mario Zucchelli. La polinia è una zona di mare mantenuta costantemente libera dal ghiaccio (a causa dei venti, oppure di un upwelling).
A sud di baia Terra Nova il mare è ancora completamente bloccato dalla banchisa, che arriva fino alla lingua del Drygalski, prosecuzione sul mare di un ghiacciaio terrestre.

Poco prima dell’atterraggio guardo dall’oblo’ di sinistra e vedo l’Isola di Ross : il monte Bird, l’Erebus, il Terra Nova e il monte Terror. Poi un annuncio : « Allacciate le cinture per l’atterraggio ». Due o tre giri sopra la pista e tocchiamo terra. ANTARTIDE !! Siamo arrivati. Poco dopo il portellone viene spalancato e siamo autorizzati a uscire, imbacuccati per benino perché fuori tira un vento teso e ghiacciato, che soffia la neve lungo la superficie della pista. I passeggeri americani sono accolti a bordo di un immenso autobus con le gomme alte più di un metro : si chiama IVAN THE TERRABUS. I passeggeri neozelandesi (5) e l’unico italiano del volo (io) siamo accolti da Yvonne, Capobase della stazione neozelandese SCOTT, che è venuta ad accoglierci. Sebbene italiana, sono considerata neozelandese (o meglio: KIWI) pure io. Un Kiwi "onorario".

Yvonne mi spiega che siamo atterrati sulla McMurdo Sea Ice Runway, ovvero sulla pista che si trova sul ghiaccio marino, vicinissima a McMurdo. Ci sono altre due piste : Pegasus e Willie Fileds, ma sono più lontane e si trovano sulla piattaforma di Ross. « Il C-17 è cosi’ pesante che fra 45 minuti – appena terminato di scaricare - deve ripartire » spiega Yvonne. « Gli Hercules possono rimanere sulla pista, ma non il C-17, perché affonda nel ghiaccio sotto il suo peso ! ».

Dopo aver attraversato la cittadina di McMurdo, tutta innevata, arriviamo di là da Observation Hill e un cartello ci accoglie in vista della base neozelandese SCOTT : « Benvenuti alla base Scott, capoluogo della Ross Dependency ». La Ross Dependency è il territorio rivendicato dalla Nuova Zelanda in Antartide. Più a valle, ecco gli edifici color vedre veronese di questa base, una delle più belle ed accoglienti del continente. E’ stata fondata 50 anni fa esatti da Sir Ed Hillary. A qualche decina di chilometri più a nord, ecco l’Erebus, con il suo pennacchio di fumo.

Yvonne parcheggia il pick-up in un luogo speciale, dove il motore dei mezzi è costantemente mantenuto riscaldato. Entriamo nella base. Mi sembra di essere a casa ! Ho aspettato tanto questo momento. Mi sembra di essere in un sogno. Sono di nuovo in Antartide.

Lucia Simion, a Scott Base

FOTO: (c) LUCIA SIMION

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